PREFAZIONE
(di Fabrizio Gregorutti)
Tra il 2010 ed il 2015 presso l’Università Lateranense di Roma, una commissione di storici presieduta dal professor Pier Luigi Guiducci, storico della Chiesa e docente presso lo stesso ateneo, ha potuto approfondire e studiare la figura del commissario Giovanni Palatucci, reggente della Questura di Fiume e deceduto nel lager nazista di Dachau, dove era stato deportato dai tedeschi alcuni mesi prima.
Ciò ha permesso, tra l’altro, di allontanare una serie di dubbi sullo stesso Palatucci che erano stati posti da alcuni studiosi del centro “Primo Levi” e che, dopo una prima tiepida accoglienza, avevano ricevuto eco su alcuni organi di stampa italiani.
Dubbi che, è doveroso precisarlo, la maggior parte della comunità ebraica, a partire dal memoriale dello Yad Vashem, non aveva mai avuto.
Quella che presentiamo oggi, grazie alla cortese autorizzazione del professor Guiducci, che ringraziamo, è la relazione finale dei lavori della Commissione, nella quale la figura di Palatucci viene accuratamente discussa ed analizzata. Ciò che ne esce è uno studio preciso e documentato che, oltre ad allontanare i dubbi di cui accennavamo più sopra, delinea sia Palatucci che la sua epoca, aiutandoci a capire la solitudine ed il coraggio di un uomo solo contro tutti, che si guarda intorno, non sapendo di chi fidarsi, temendo il fatale momento in cui la Gestapo avrebbe bussato alla sua porta.
E’ il coraggio di una scelta. La scelta fatta non da un super eroe bensì da un uomo comune che, di fronte al Male, ha avuto il coraggio di reagire, di combattere, di fare.
Di questo ci parla il lavoro del professor Guiducci e della sua squadra, al termine della cui lettura saremo costretti a porre a noi stessi quella che forse è LA domanda assoluta:
“Ed io? Io che cosa avrei fatto al posto del commissario Giovanni Palatucci?”
Buona lettura!
L’ULTIMA SCELTA. GIOVANNI PALATUCCI (1909-1945)
‘Giusto tra le nazioni’. Lo stato della ricerca dopo i lavori della
Commissione di Roma (2010-2015)
(Prof. Pier Luigi Guiducci
Pontificia Università Lateranense)
Tra il 2010 e il 2015 un teamdi storici1, presso l’Università Lateranense di Roma, ha voluto approfondire la figura e l’operato dell’ex reggente della Questura di Fiume, dr Giovanni Palatucci, morto nel lager di Dachau (1944). L’iniziativa, che ha progressivamente accolto contributi di più interlocutori e Paesi, ha permesso di dissipare alcune ombre gettate sulla figura del Palatucci dal Centro ‘Primo Levi’ di New York. Il progetto è stato condiviso anche con diversi esponenti della Comunità ebraica e ha rafforzato la positiva interazione con il Memoriale Yad Vashem2di Gerusalemme. Si riportano qui di seguito i dati più significativi comunicati dalla Commissione agli studiosi e ai media3, e i successivi aggiornamenti.
Giovanni Palatucci
La resistenza
Le iniziative che in Italia (e altrove) rientrarono nell’ambito della ‘resistenza al nazifascismo’ non costituirono solo un fatto d’arme. Non implicarono necessariamente uno spargimento di sangue. Uno scontro violento tra forze contrapposte. Il moto di opposizione ebbe infatti più volti4: 1] quello morale(condanna di dottrine, critiche di atti giuridici illegittimi, palese disapprovazione di comportamenti oppressivi e violenti …); 2] quello della non collaborazione(resistenza al reclutamento di manodopera coatta; astensione, pur in presenza di comandi; nascondimento di macchinari, pur in presenza di ordini in materia di produttività; scioperi; irreperibilità, pur in presenza di convocazione …); 3] quello pedagogico(vicinanza alle nuove generazioni per prepararle a un futuro migliore; conservazione di opere proibite; messa in circolazione di testi firmati da autori condannati dal regime…); 4] quello civile(manomissione di archivi, protezione dei perseguitati, intese politiche per una nuova Italia…); 5] fino ad arrivare a realtà ad alto rischio (tipografie clandestine, staffette partigiane, preparazione e gestione di attentati, conflitti frontali…).5
Resistenza civile e delazione
In tale contesto, chi volle attuare una resistenza civile, dovette ˗ prima di tutto ˗ agire in modo da non destare sospetti, da non essere individuato. Il sistema della delazione, infatti, era tra i maggiori pericoli. Basti pensare, ad esempio, a quanto accadde a Roma6. Caddero in trappola: Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, don Giuseppe Morosini, don Pietro Pappagallo, Settimio Sorani, Leone Ginzburg, Aladino Govoni, Unico Guidoni, Uccio Pisino, Ezio Lombardi, Tigrino Sabatini7, Karel Weirich, et al.. Pure a Fiume avvennero degli episodi di notevole gravità. Si annota un esempio: l’ex custode del tempio israelitico (un tale di nome Plech) utilizzò le proprie conoscenze per condurre le forze dell’ordine nelle abitazioni e nei nascondigli dei ricercati.8Il delatore, sempre a Fiume, fece arrestare Andra (Alessandra) e Tatiana (all’anagrafe Liliana) Bucci, rispettivamente di 4 e 6 anni.9Furono catturate insieme alla mamma (Mira Perlow), alla zia (Gisella Perlow), al cuginetto Sergio De Simone (figlio di Gisella) e ad altri familiari.10
In tale contesto, il pubblico dipendente (specie se inserito tra le Forze dell’Ordine) che avversava le politiche antisemite doveva affrontare criticità di ogni tipo per attuare iniziative a tutela dei perseguitati del tempo.11
Metodo di ricerca storica
Questo primo dato storico viene evidenziato perché negli archivi pubblici italiani (ad es.: Archivio Centrale dello Stato), negli Uffici Storici (ad es.: della Polizia di Stato, dell’Esercito, dell’Arma dei Carabinieri, della Finanza …), e in Istituzioni scientifiche di altri Stati (es. Germania, Ungheria, Croazia, Serbia …), oltre che nei fascicoli conservati presso Fondazioni (es.: ‘Memoria della Deportazione’), Associazioni (es.: ‘Ex deportati nei campi nazisti’), e Istituti Storici (es.: Italo-Germanico in Trento; Croato in Zagabria) non è possibile pensare di individuare tracce di azioni svolte in modo clandestino.12Al contrario, si trovano solo documenti con informative ufficiali e note burocratiche:
-sistema organizzativo nazista e fascista;13
-azioni persecutorie in generale (bandi, ordinanze, direttive et al.) e in particolare (dalle repressioni allo sterminio ebraico);
-memorie per le commissioni per l’epurazione (de-fascistizzazione delle amministrazioni dello Stato, degli enti locali e parastatali, degli enti sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato e delle aziende private esercenti pubblici servizi o d’interesse nazionale);
-tutele economiche; procedimenti disciplinari; assegnazione di encomi.
Fiume 1943, Sergio De Simone con le cugine Andra e Tatiana Bucci, dietro, la mamma
Gisella Perlow De Simone (al centro) e le zie Mira Perlow Bucci e Paula Perlow.
Per riuscire, in qualche modo, ad acquisire informazioni riservate, con i necessari dettagli, è necessario: 1] rileggere le cronache14e le testimonianze del tempo; 2] studiare gli interventi di alcuni protagonisti della resistenza anche ebraica, le carte di singole famiglie, gli incartamenti depositati presso le Curie diocesane, i progetti ideati pure in sedi esterne all’Italia; 3] sviluppare una ricerca sulle reti sotterranee di solidarietà. 4] È pure necessario approfondire i contenuti degli atti di intelligence; ad esempio quelli depositati presso: il Deutsches Bundesarchiv 15, o nelle raccolte inglesi (The National Archive; Londra16), statunitensi (National Archives and Records Administration;Washington), croate e serbe. Tali sottolineature sono significative anche con riferimento alla figura di un commissario originario dell’Irpinia: il dr Giovanni Palatucci.
Giovanni Palatucci
Nasce a Montella (Comune in Provincia di Avellino) il 31 maggio 1909. Morirà nel lager di Dachau il 10 febbraio 1945. Conseguì il diploma di maturità classica al liceo ‘Tasso’ di Salerno. Dopo il servizio militare, si laureò in Giurisprudenza (1932). Rinunciò in seguito alla professione forense (era già procuratore legale) per entrare come funzionario nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza.
Genova
Il dr Palatucci fu assegnato alla Regia Questura di Genova diretta in quel momento dal questore dr Rodolfo Buzzi17. Prefetto della città era Umberto Albini18. Prese servizio il 3 agosto del 1936. Nel mese precedente era iniziata la guerra civile spagnola (1936-1939). Il giovane di Montella ebbe il grado di volontario vice commissario aggiunto di P.S..19In città poté conoscere pure la guardia scelta Raffaele Avallone20(che verrà poi trasferito a Fiume). Dal febbraio al maggio del 1937 frequentò a Roma la Scuola di Formazione per Funzionari della P.S.. Della Questura di Genova Palatucci non condivise talune prassi. E lo disse in modo esplicito in un’intervista rilasciata al ‘Corriere Mercantile’.21Il questore lo venne a sapere e attivò un trasferimento di ufficio (alla fine si decise di assegnarlo alla Regia Questura di Fiume). Scrisse (21 ottobre 1937-XVI), al riguardo, al capo del personale del Ministero dell’Interno, il vice prefetto dr Carlo Scrivi: «(…) Le designo per il trasferimento da questa ad altra sede ˗ il vicecommissario aggiunto di P.S. dott. Palatucci Giovanni, del quale non sono eccessivamente contento».22
Fiume
Il dr Palatucci prese servizio23il 15 novembre 1937. In quel momento era prefetto il dr Francesco Turbacco.24La città di Fiume faceva parte del Regno d’Italia (dal 1924). In precedenza era stata prima il porto del Regno d’Ungheria, e poi ‘Città Libera’. Nell’abitatopermanevano gli effetti del contrasto etnico esistente in Friuli-Venezia Giulia tra italiani e sloveni-croati. Unitamente a ciò, con la perdita del proprio naturale retroterra della ‘Grande Ungheria’, il traffico portuale aveva subìto un calo di attività. Ciò riversò effetti negativi sull’economia e sulla situazione sociale locale. A Fiume il dr Palatucci divenne il responsabile dell’ufficio stranieri della Regia Questura. La sua stanza si trovava al terzo piano del palazzo della Questura (via Pomerio). Al neo arrivato competeva, tra l’altro, il compito di vidimare i permessi di soggiorno per gli spostamenti degli ebrei (divenuti, di fatto, ‘stranieri’ nel loro Paese). Se uno di loro intendeva, ad esempio, raggiungere Trieste (o altra località del Regno d’Italia), era obbligato a chiedere un visto (autorizzazione della Questura). Come abitazione privata il dr Palatucci scelse un appartamento situato in via Pomerio 29. Utilizzò una camera con affitto mensile. Gli ambienti erano di proprietà dell’anziana signora Malner. Si trattava di una vedova senza figli. Per i pasti il nuovo arrivato utilizzò la mensa ufficiali.
Un riferimento territoriale: il Consolato Svizzero di Trieste
Quando il dr Palatucci si inserì a Fiume, erano operative da tempo diverse istituzioni significative. Si trattava di centri che svolgevano, in più casi, ruoli assistenziali (es. l’Opera Nazionale per la Protezione della Maternità e dell’Infanzia).Tra questi organismi, aveva un ruolo non debole il Consolato Svizzero a Trieste. Il Console si chiamava Emilio Bonzanigo. Nato nel 1884 nel Canton Ticino, di religione cattolica, morì nel 1973 a Bellinzona. Venne nominato con atto del 21 gennaio
Il fascicolo su Giovanni Palatucci che si trova presso l’Archivio Storico dell’Esercito.
Fondo SIM. Anno 1945. Contiene solo due informative
1938. Svolse le sue funzioni dal 13 aprile 1938 al 31 dicembre 1949. Decano del Corpo consolare a Trieste, fu tra i pochi Consoli in attività di servizio ad essere presente all’arrivo degli Alleati (1945). Gli sono stati riconosciuti molti meriti per la sua opera di umana civiltà.25In tale contesto, le discussioni su un ‘fantomatico’ Console a Trieste risultano prive di fondamento mentre, al contrario, rivestono importanza gli studi sui contatti tra Bonzanigo e Palatucci26, e sulla politica della Confederazione Elvetica in materia di asilo.
La figura di Palatucci. Le convinzioni politiche
Dai documenti conservati in più Archivi (non solo italiani), risulta che il dr Palatucci non mostrò un particolare allineamento con l’orientamento politico del tempo.27Ciò è attestato anche dal fatto che decise di iscriversi al Partito Nazionale Fascista (obbligo dal 27 maggio 1933) solo il 23 marzo 1938 per poter sostenere il concorso per uditore di Tribunale.28In particolare, si osserva che:
-conservò una linea di riservatezza; un proprio rigore morale su determinati valori-chiave;
-esternò un’attenzione non debole verso temi riguardanti la vita italiana;
-si mantenne corretto ma non servile (espresse infatti critiche in diverse occasioni) verso chi rappresentava lo Stato.
In tale contesto, traspare da taluni scritti privati:
-una personale insofferenza verso le intemperanze fasciste; un’avversione verso oppressivi rastrellamenti ‘a raggio’;
˗una netta presa di distanza da quelle affermazioni razziste che costituirono la base teorica del sistema persecutorio antiebraico (e non solo). Le indagini condotte per un cognome, per una nascita, per un’appartenenza genetica, non trovarono in lui un assertore. Non facevano parte del suo costume professionale, della sua etica;29
˗sul piano della fede, Palatucci non cessò di seguire un proprio percorso, e mantenne una partecipazione alla vita ecclesiale.
Le persecuzioni antiebraiche
Mentre il dr Palatucci svolgeva i compiti d’istituto, il regime del tempo diffuse Il Manifesto degli scienziati razzisti (14 luglio 1938). Seguì il regio decreto legge Provvedimenti per la difesa della razza italiana, conv. senza modifiche nella L. 5 gennaio 1939, n. 274. Con queste disposizioni, tra il 1938 e il 1939, circa cinquecento ebrei di Fiume e dell’area del Carnaro30, insieme ai loro familiari, persero la cittadinanza italiana. Divennero apolidi senza alcuna protezione legale dello Stato. In segreto, però, cominciarono ad arrivare al Duce rapporti dell’OVRA31. Segnalavano dissensi e prese di distanza nella popolazione.32Malgrado il momento durissimo per gli ebrei, si delinearono (1938-1943) tre risposte organizzate all’oppressione fascista: 1] scuole per bambini, ragazzi e insegnanti ebrei espulsi dalle scuole pubbliche nel 1938;
2] soggiorno e partenze dei profughi stranieri in fuga dai Paesi invasi dai nazisti; 3] assistenza sociale per profughi stranieri e per ebrei italiani antifascisti rinchiusi in campi di internamento dal giugno del 1940, o sottoposti a domicilio coatto nella categoria di ‘internati liberi’33o di ‘internati civili di guerra’.
Una classe di bambine ebree
I profughi
Negli anni dal 193834fino al 1943-1944 il dr Palatucci si trovò di fronte al dramma degli ebrei profughi dall’Austria e poi da Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Croazia… Questi perseguitati attraversavano di frequente i confini in modo clandestinopur di non essere internati. L’ordine di Mussolini (anche ministro dell’Interno) prevedeva per loro l’espulsione, quindi la consegna alle polizie dei regimi del tempo (e ai collaborazionisti).
Il numero dei profughi ˗ in maggioranza ebrei ˗ si può oggi stimare in modo solo approssimato. Rimaneva poi significativa la realtà degli ebrei della città di Fiume e dintorni ˗ circa 1600 persone ˗ che nel 1938, con le leggi razziali si trovarono quasi tutti privati della cittadinanza italiana. I loro viaggi verso le altre province italiane dovevano avere il visto di autorizzazione della Questura (dr Palatucci).
Fiume, 5 dicembre 1938. Obbligo di denunciare l’appartenenza alla razza ebraica.
Scadenza: 4 marzo 1939
In particolare: gli ebrei jugoslavi
Dopo lo smembramento del regno di Jugoslavia (attacco tedesco e italiano, aprile-maggio 1941), una parte di quel territorio fu riconvertito in una nuova entità: lo Stato Indipendente di Croazia (capitale Zagabria). Al vertice del potere centrale (1941) venne posto Ante Pavelić.35Questi, fu tra i fondatori del movimento ustaša(‘ribelle’). Tale organismo mantenne una politica violentemente ostile a una Jugoslavia multietnica, e assolutamente intollerante verso serbi, ebrei e zingari. Altri territori ex jugoslavi furono annessi all’Italia (decreto del 19 maggio 1941).
Nelle aree annesse all’Italia i governanti applicarono agli ebrei locali la stessa politica in atto nel Paese dal settembre del 1938 (leggi razziali). Anche in quei territori venne esteso di conseguenza il provvedimento di internamentodegli ebrei stranieri in atto in Italia fin dal giugno del 1940. Erigere campi sul posto divenne, però, in più casi, un problema (questioni di vettovagliamento e di sicurezza). Per tale motivo, i perseguitati furono per lo più trasferiti in Italia, e inizialmente rinchiusi nel campo di internamento di Ferramonti (Cosenza) o di Campagna (Salerno)36, da cui venivano ritrasferiti, in condizione di ‘internati liberi’, in domicilio coattoin piccoli paesi isolati del Centro e del Nord Italia.
Il documento ritrovato
In tempi recenti è stato ritrovato un documento (datato 4 ottobre 1942) che attesta la volontà di Mussolini di respingere gli ebrei croati in fuga dagli ustaše.Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Repubblica sociale italiana, cat. A16 Stranieri (1943-1944), b. 13, fasc. Ebrei stranieri ex-jugoslavi, Direzione generale della pubblica sicurezza, n. 443/152826, Appunto [per Mussolini], 4 ottobre 1942, con annotazioni autografe di Benito Mussolini.
I compiti dell’Ufficio Stranieri
Entrate in vigore le leggi razziali, il dr Palatucci ricevette il compito di schedare gli ebrei, di controllarne i dati anagrafici e di proibire loro contatti con gli ariani. Al riguardo, sull’operato della Questura di Fiume, è stato offerto un contributo dalla Studiosa di fede ebraica prof.ssa Anna Pizzuti.
«Il Fondo Questura dell’Archivio di Stato di Fiume è stato reso accessibile alla consultazione solo di recente. Dall’elenco digitalizzato di tutti i fascicoli personali in esso contenuti è stato estratto l’elenco degli ebrei stranieri ˗ principalmente profughi ˗ di cui si occupò la polizia a seguito della promulgazione delle leggi antiebraiche e negli anni dell’invasione italiana dell’allora Jugoslavia. (…). Il file originale dal quale questo lavoro ha preso avvio, contiene i nomi di 4312 intestatari di fascicolo personale e, per un certo numero di essi, anche qualche sintetica informazione sul percorso compiuto, che, nella maggioranza di casi, risulta essere di fuga. Va comunque detto che il thesaurus, cioè la breve sintesi che, nell’elenco, accompagna ciascun nome non è completo e che la documentazione stessa del fondo Questura non è ancora del tutto sistemata. In più è facile comprendere come ˗ soprattutto in presenza di storie molto complesse ˗ la scelta dei termini con i quali rendere il contenuto dei documenti possa essere stata difficile e magari corrispondere solo in parte a quanto realmente accaduto. A ciò va aggiunto anche che la trascrizione dei nomi e cognomi è piuttosto incerta e che alcuni dei nomi delle persone citate nelle sintesi possono non avere legami con l’intestatario del fascicolo: le ristrettezze imposte dalla guerra possono aver costretto gli addetti dei vari enti (Prefettura, Questure ecc.) ad usare la copertina di un fascicolo dismesso per una persona diversa da quella per la quale era stato compilato. È anche possibile che i fatti segnalati dai documenti non siano veri o lo siano solo in parte , ma questo è un rischio che va sempre messo in conto in questo tipo di ricerche e che può essere risolto solo con una continua opera di confronto e verifica delle fonti».37
Alcune sottolineature della Pizzuti
Nel rapporto pubblicato dalla prof.ssa Pizzuti, la Studiosa annota delle evidenze utili da acquisire. «L’osservazione dei primi dati consente di verificare la mancata corrispondenza, in molti casi, tra le informazioni che si desumono dai fascicoli fiumani e quelle che sono state trovate nei documenti conservati negli archivi italiani. Non è la prima volta che relativamente a singoli o a interi gruppi esaminati nel corso delle ricerche ci si trova di fronte a problemi del genere; ad esempio, in molti dei fascicoli personali di ebrei stranieri internati conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, ci sono documenti che portano a ritenere che l’intestatario e, spesso, la sua famiglia, siano emigrati, mentre in realtà ciò non accade, come testimonia la presenza, nello stesso fascicolo, di altri documenti, in date successive, che provano la continuazione dell’internamento. Come si può notare (…), anche i fascicoli fiumani testimoniano di casi del genere, se pure non numerosi, almeno allo stato attuale delle ricerche.
Tuttavia le curiosità che i dati fanno nascere sono altre e, forse, più significative. La prima riguarda lo scarto esistente tra il numero dei casi in cui il contenuto del fascicolo porta a ritenere che l’intestatario sia stato internato ed i risultati del confronto con il database generale dell’internamento in Italia presente sul sito.
La ricerca è ancora in corso, i dati già presentati non possono considerarsi definitivi, eppure è evidente che, sempre che le notizie contenute nei fascicoli fiumani corrispondano al modo in cui i fatti realmente si svolsero, il numero degli ebrei stranieri a qualsiasi titolo presenti a Fiume prima e/o durante la guerra di cui si documenta in qualche modo l’ingresso “nel regno” ed i cui nomi non sono stati, finora, rinvenuti tra gli internati è molto elevato.38
La seconda riguarda, invece, la presenza in Italia, come internati, di 15 dei 29 ebrei stranieri che i documenti danno, invece, come internati nei campi istituiti dagli italiani (Kraljevika, Pag, Rab). In ogni caso l’impossibilità di stabilire quando i fascicoli siano stati aperti e la difficoltà di stabilire coerenti riferimenti cronologici, anche per molti dei fascicoli dei quali è stata effettuata la sintesi, potrebbero ingenerare errori nella ricomposizione delle varie sequenze che compongono le singole vicende.
Nell’elenco degli intestatari dei fascicoli fiumani sono stati identificati 938 nomi ˗ 668 uomini, 270 donne ˗ presenti nel databasedegli ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico. Di 913 di essi risulta con certezza l’internamento, mentre 23 sono nomi di ebrei ˗ 17 uomini e 6 donne ˗ internati in campi istituiti dagli italiani nelle zone annesse della Jugoslavia che, dopo l’8 settembre del 1943, attraversarono l’Adriatico39e trovarono rifugio e salvezza nel sud Italia liberato.
Tornando agli internati, si tratta (…) di meno di un quarto delle persone delle quali la polizia fiumana si occupò a partire dalla meta degli anni trenta: per i rimanenti solo la lettura dei fascicoli potrebbe fornire qualche indicazione, se non sul destino, almeno su una parte ˗ quella iniziale, presumibilmente ˗ di ciascuna singola storia. Nonostante ciò, l’osservazione dei dati riportati nelle tabelle (…) offre diversi spunti di riflessione, almeno nelle linee generali, su una parte importante della storia dell’internamento in Italia.
Due i piani delle informazioni aggiunte a quelle contenute dall’elenco. Il primo riguarda la verifica dell’internamento in Italia: di ciascun internato sono state registrate l’ultima residenza prima dell’internamento, la prima e l’ultima sede di internamento con, in più, le informazioni relative al destino di ciascuno, per continuare e completare, quando possibile, la documentazione iniziale presente nel fascicolo.
Il secondo, riguarda la condizione degli intestatari dei fascicoli: quella di profugo entrato magari clandestinamente nella provincia del Carnaro di cui Fiume era capoluogo successivamente all’invasione della Jugoslavia, quella sempre di profugo, ma residente di lungo periodo o quella, infine, di ebreo straniero che avesse acquisito la cittadinanza dopo il 1° gennaio del 1919. La mancanza, già fatta rilevare, dei dati anagrafici degli intestatari dei fascicoli, insieme alla grafia dei nomi in molti casi chiaramente distorta, ha posto numerosi problemi di identificazione. È anche accaduto che per un nome presente negli elenchi fiumani, nel databaseprincipale ci fossero due o anche più omonimi e che non sempre le informazioni ad essi collegate potessero facilitare l’identificazione. A queste difficoltà ha spesso sopperito, per converso, l’individuazione di interi gruppi familiari presenti nell’elenco, i cui componenti sono stati ciascuno guida all’identificazione dell’altro. Resta, comunque, il rischio che i dati contengano una certa ˗ si spera minima ˗ percentuale di errori».40
I riferimenti al 1940 diFederico Falk
Nel 2016 muore a 97 anni Federico Falk (nato nel 1919 a Fiume da genitori di origine ungherese). Si tratta di uno degli ultimi testimoni della Fiume ebraica stravolta dalle persecuzioni nazifasciste e dalla Shoah. Dopo gli studi scientifici gli fu vietato l’iter universitario (fino al dopoguerra) per le leggi razziste del 1938. Dal pensionamento in poi egli svolse per quindici anni un lavoro di ricerca per non far cadere nell’oblio i volti, le biografie, i legami di una comunità ebraica scomparsa. Nel 2012 esce a Roma la sua opera dal titolo: Le comunità israelitiche di Fiume e Abbazia tra le due guerre mondiali.41In questo lavoro l’A. si è messo sulle dolorose tracce della memoria fiumana tra Italia, Europa, Americhe, Israele e Australia. Al riguardo, è interessante la sua testimonianza sul dr Palatucci. Si riporta un passo:
“(…) Naturalmente, con le leggi razziali, gli ebrei fiumani subirono la sorte di tutti gli ebrei
italiani. Furono espulsi da tutte le scuole del regno né poterono iscriversi alle università;
i dipendenti da enti statali, parastatali e comunali vennero licenziati in tronco; gli ufficiali
delle Forze Armate vennero pubblicamente degradati ed espulsi anche se decorati,
come se si fossero macchiati di alto tradimento. Inoltre dopo l’entrata in guerra dell’Italia
il 10 giugno 1940 in una retata notturna tra il 18 ed il 19 giugno, ordinata dal prefetto Temistocle Testa, circa 400 ebrei maschi di età superiore ai 18 anni vennero arrestati e incarcerati perché considerati nemici: all’uopo venne requisita la scuola elementare del rione periferico di Torretta42ove i malcapitati vennero rinchiusi circa 30-40 per aula in condizioni primitive.
Alcune delle persone arrestate vennero rimesse in libertà dopo 8-15 giorni, tutti gli altri vennero inviati al confino in varie località dell’Italia centro-meridionale: in questo provvedimento molti furono agevolati dall’opera del Vice-Questore43, dott.Giovanni Palatucci, ed in alcuni casi riuscirono così a salvarsi dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti”.44
I riferimenti al 1940 diPaolo Santarcangeli
Come ricordato dalcit.Federico Falk una grave retata antiebraica si svolse nel 1940. Con riferimento al medesimo episodio si trova pure la testimonianza dello scrittore ebreo Paolo Santarcangeli45. Quest’ultimo ha lasciato annotato: “(…) Quando entrai nella stanza di Palatucci, in cui c’era anche un suo collega, egli s’alzò in piedi. Era bianco che sembrava morto. Mi strinse la mano, mi fece sedere e disse, in quella notte del 18 giugno 1940: ‘Eccoci dunque arrivati al fondo della vergogna. Ora lei ci può guardare a testa alta e noi dobbiamo chinare la fronte. Ci perdoni’.”46
Ampliamento della Provincia di Fiume (1941)
Dal 7 giugno 1941, a seguito dell’aggressione (aprile 1941) delle Potenze dell’Asse al Regno di Jugoslavia, e della firma del trattato di Roma (18 maggio 1941), il territorio della provincia di Fiume venne ingrandito. Furono annessi l’entroterra orientale di Fiume e le isole poste nel golfo del Quarnaro. Presso la Prefettura di Fiume si attivarono due uffici: l’Intendenza civile per i Territori annessi del Fiumano e della Cupa47, e il Commissariato civile di Sušak, con competenza rispettivamente sulle aree interne e su quella costiera.
I problemi di Palatucci con i superiori (1941)
Dai documenti esaminati, risulta che il dr Palatucci, nel suo lavoro, al di là delle apparenze e di atti formali, ebbe in realtà continui problemi con i superiori.48Un riscontro di ciò lo si trova nelle sue missive ai famigliari.
1] Il 18 aprile del 1941 Palatucci scrive al cugino Federico. Nel testo si trova anche questo passaggio: “(…) da molti mesi non ho più, in ufficio, l’atmosfera ossigenata nella quale mi piacerebbe lavorare”.49
2] In una lettera indirizzata ai familiari (8 ottobre 1941) scrive:
“(…) I miei rapporti coi superiori sono formali. Più esattamente essi sanno di aver bisogno di me, di cui, a quanto sembra, non possono fare a meno, e certamente mi considerano bene, mi stimano come capacità e rendimento; ma sanno bene che, grazie a Dio, sono diverso da loro. Siccome lo so anch’io, i rapporti sono di buon vicinato ma non cordiali.
La cosa non ha molta importanza. Non è a loro che chiedo soddisfazioni, ma al mio lavoro, che me ne dà molte. Ho la possibilità di fare un po’ di bene, e i miei beneficati me ne sono assai riconoscenti. Nel complesso incontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare. Purtroppo ho sospesi i contatti epistolari con quasi tutti, parenti e amici, in assoluta mancanza di tempo (…)».50
Le frasi riportate (a rischio di censura)indicano dei messaggi in codice. A Fiume la situazione non va bene. La ‘non cordialità’ significa una sostanziale non intesa. Anche il riferimento ai ‘beneficati’ è volutamente generico. Palatucci non si azzardò a entrare in dettaglio. Per questo motivo non può bastare a uno storico una lettura di superficie. Nella lettera è proprio il riferimento a dei soggetti che ottengono ‘benefici’ che induce a riflettere su qualcos’altro. I problemi con i superiori trovano comunque due riscontri:
˗ in più occasioni (1939-1942), Palatucci chiese di essere trasferito (a Riccione, o Cattolica, o Cesena). Non gli fu permesso. Al contrario, i superiori cominciarono a tenerlo sotto controllo (in tempo di guerra, una reiterata istanza di trasferimento faceva nascere sospetti), mentre – per non generare allarme – gli manifestavano consenso;
˗ il 23 luglio del 1943 un ispettore, per ordine ministeriale, fece delle verifiche nell’ufficio di Palatucci. Trovò soloelenchi di stranieri non residenti più in Italia da lungo tempo. Imputò al giovane responsabile negligenza, scarsa vigilanza. Fu consegnata, così, una nota di biasimo.
Per uno storico, tutto questo significa andare oltre le note positive ufficialiche può trovare in un fascicolo. Deve inoltre indagare anche su un eventuale spionaggio interno per verificare il reale comportamento dei superiori riguardo a Palatucci..
Commissario aggiunto (febbraio 1943)
Con lettera del 28 febbraio 1943 il dr Palatucci comunicò ai suoi genitori di aver conseguito la promozione a commissario aggiunto.
Ispezione ministeriale (luglio 1943)
Dal 19 al 23 luglio 1943 (poco prima della caduta del regime fascista) un ispettore, su ordine del Ministero dell’Interno, fece delle verifiche nell’ufficio di Palatucci. Nel rapporto conclusivo (datato 4 agosto 1943)51annotò:
“Tale ufficio, al quale è da anni preposto il commissario aggiunto Giovanni Palatucci, è sostanzialmente inefficiente.. Ho constatato infatti che quasi tutta l’attività dell’ufficio si è limitata alla compilazione del fascicolo personale e della scheda relativa allo straniero. Nello schedario si trovano alcune migliaia di schede, compilate la gran parte parecchi anni fa, riguardanti stranieri che non risiedono più nel Regno, com’è da presumere dal motivo temporaneo per il quale vi erano entrati. Dai relativi fascicoli si rileva che l’ufficio non si è curato di seguire mai lo straniero con la sua azione di vigilanza”.
Nel frattempo, oltre a riferire ai superiori, l’ispettore contesta verbalmente al dr Palatucci le molteplici inadempienze. Il reggente della Questura replica che queste sono “da attribuire all’insufficiente aiuto ch’egli ha avuto e ha da parte di collaboratori scarsi e qualitativamente scadenti e al volume notevole del lavoro di tale suo ufficio”. Annota al riguardo l’ispettore: “(…) Ma la constatazione abbondante da me fatta che mai, o quasi, da quando, or sono oltre tre anni, egli si trova alla direzione del predetto ufficio ha trattato con cura e regolarità il predetto servizio, è prova evidente del suo disinteressamento e anche della sua scarsa conoscenza di tutte le norme che regolano il servizio stesso. Per la sistemazione dell’ufficio di cui trattasi è indispensabile e urgente un’accurata revisione dello schedario e della situazione di quegli stranieri, presumibilmente poco numerosi, che risulteranno tuttora residenti nella provincia. A ciò provvederà il questore appena possibile, dopo che saranno giunti a Fiume alcuni funzionari che vi sono stati destinati”.52
Alcune sottolineature
La documentazione cit. è significativa per lo storico per una serie di motivi.
1. Se si confronta il testo riportato con le testimonianze dei perseguitati del tempo risulta un assoluto silenzio su una serie di atti posti in essere dal dr Palatucci e non trascritti sul cartaceo conservato in archivio.
2. La documentazione cit. dall’ispettore risulta inutile ai fini persecutori. Infatti, per talune operazioni le autorità del tempo si appoggeranno più ai delatori e all’ufficio politico che all’ufficio stranieri.
3. Nel rapporto dell’ispettore si preannuncia l’arrivo già deciso di altri funzionari. Si ricava da ciò la constatazione che dovevano esistere ampie riserve sul dr Palatucci e sul suo operato presso il Ministero dell’Interno.
Dopo l’ 8 settembre 1943
Il 1° ottobre del 1943 Berlino istituì la OperationszoneAdriatisches Küstenland (OZAK;Zona di Operazioni del Litorale Adriatico).53Il territorio venne controllato direttamente dai tedeschi. Commissario supremo fu il Gauleiter Friedrich Rainer(1903-1947).Per le azioni repressive poté contare sull’apporto delGruppenführer SS Odilo LotarioGlobočnik (1904-1945; nato a Trieste).54Questi, aveva guidato l’Aktion Reinhardt55nei campi di Sobibor, Treblinka, Belzec e Majdanek. Era noto come il “boia di Lublino”.
Fiume, pur inclusa nella Repubblica Sociale Italiana, entrò (di fatto) a far parte della succitata Zona.
1] Il comandante delle forze armate tedesche nel settore di Fiume (porto e città) fu il colonnello Lothar Zimmerman (accusato in seguito di crimini di guerra; arrestato e condannato a morte nel 1946).
2] Il comandante delle SS tedesche a Fiume fu il colonnello Henrich Schlünzan (accusato in seguito di crimini di guerra).
3] A Trieste fu attivo ilBefehlshaber der Ordnungspolizei Triest(Polizia per l’ordine pubblico, Gendarmeria). La sezione provinciale di Fiume venne diretta dal Major der Gendarmerie Kauba(fino al maggio 1944), in seguito dall’Hauptmann der Schutz Polizei Maas.
4] Nel capoluogo del Quarnero operavainoltre una sezione della SIPO/SD (Polizia di sicurezza del Reich in ambito politico e criminale). Ebbe più comandanti. In ordine cronologico: tenente delle SS Zörnen56, capitano delle SS Heinrich Schlünzer57,e infine il capitano delle SS Fritz Hinays58.
5] Per poche settimane (maggio 1944) operò come comandante della Polizia del Quarnero anche Ernst Lerch59(SS Sturmbannführer). Era stato in precedenza capo del Persönliches Büro(capo di Gabinetto) di Globočnik. Dal 26 giugno 1944 passò a coordinare l’attività antipartigiana (fino al febbraio 1945).
A Fiume ricoprì un ruolo significativo pure Wilhelm Traub60(SS Obersturmbannführer).FuSS u Polizeigebietskommandeur Quarnero(dal27 ottobre 1944 al 1945).
6] Nei nuovi territori fiumani i tedeschi chiusero la struttura amministrativa italiana ed istituirono il Commissariato di Sušak-Krk (Sussa-Veglia). A capo di questo organismo i tedeschi nominarono l’avvocato Franjo Špehar.
7] Segretario del Partito Fascista Repubblicanodivenne Arturo Maineri de Meichsenau (1904-1966), mentre il podestà fu Gino Sirola (1885-1945).
Una sottolineatura (ottobre 1943)
La popolazione di Fiume si trovò in una condizione difficile. Era divenuta un ‘alleato-occupato’. In quel momento, gli ebrei presenti nell’abitato erano circa 3.500. In gran parte profughi (Croazia e Galizia). Nel frattempo, membri della R.S.I. accusarono le istituzioni della Chiesa cattolica di proteggere ebrei. Un riscontro lo si trova in una relazione del Comando della Guardia Nazionale Repubblicana. Questo è il passaggio chiave: “Si può affermare, senza pericolo di essere smentiti, che il 70% degli abbietti israeliti è passato per le loro lunghe mani per essere poi portato a salvamento dai loro ribelli o banditi”.61
L’ultima lettera ai genitori (ottobre 1943)
Il 21 ottobre del 1943 il dr Palatucci scrisse ai genitori. Fu l’ultima lettera. Si riporta una parte del testo: “Carissimi genitori, questa lettera vi giungerà quando le circostanze lo permetteranno. Essa vi recherà il mio ricordo e l’espressione del mio costante affetto. In salute a tutt’oggi sto benissimo, sebbene abbia molto lavoro. Il morale è alto. Supereremo la bufera, nella speranza che alla nostra patria sia riservata una sorte onorevole a condizioni possibili di vita. Appena possibile vi farò pervenire altre notizie. Non occorre dire che, appena le circostanze lo consentiranno, correrò da voi. State assolutamente tranquilli per me.62Sono certo che non incorrerò in alcun male. Auguro a voi le migliori cose con la speranza di potervi riabbracciare al più presto. Giovanni».63
I collaborazionisti dei tedeschi (1943-1945)
Per controllare la situazione nei diversi ambienti territoriali i tedeschi si servirono anche di collaborazionisti. Al riguardo, lo studioso Mihael Sobolevski cita la figura di Cherbaz David. Questi, era figlio illegittimo (come si diceva in quel tempo) di Emilio Cherbaz. Nato a Fiume il 28 dicembre 1910, abitava in via Trieste 94. Fabbro meccanico, era coniugato e padre di un figlio. Verrà condannato a morte dalle milizie di Tito per essere stato nel 1944 una spia al servizio della Polizia di Sicurezza tedesca a Fiume.64 Nel maggio del 1945 le cit.forze partigiane fucileranno a Tersatto una donna di 38 anni. Si trattava della fiumana Gina Mingotti-Messori. La condanna a morte fu legata al fatto che, secondo l’accusa, quest’ultima sarebbe stata una spia dei tedeschi.65
Bombardamenti (1944-1945)
A partire dai primi mesi del 1944 fino al termine del conflitto, Fiume fu colpita da trenta incursioni aeree. Diversi gli obiettivi (il porto e le strutture produttive della città, specie il Silurificio Whithead66, il cantiere navale di Cantrida e la Raffineria R.O.M.S.A.). Gli ultimi bombardamenti, antecedenti al maggio 1945, provocarono la morte di 112 civili e il danneggiamento di circa il 90% delle strutture industriali cittadine, cui se ne aggiunsero altre 1.700 tra edifici pubblici e abitazioni private. A ciò si aggiunse il fatto che i tedeschi, poco prima della loro ritirata, distrussero le infrastrutture del cantiere e del porto, facendo saltare in aria con delle mine il Porto Petroli, Porto Baross e poi il porto principale, che subì il danneggiamento di magazzini, banchine e moli, con alcuni moli che si staccarono dalla riva.
Il dr Palatucci è reggente della Questura (febbraio 1944)
Il 28 febbraio del 1944, dopo il trasferimento del reggente dr Roberto Tommaselli67,il dr Palatucci venne nominato reggente della Questura alle dirette dipendenze di Tullio Tamburini (1892-1957; Capo del Corpo di Polizia Repubblicana68) e poi di Eugenio Cerruti (nato nel 1898; Capo del C. di P.R.69). La Questura, comunque, aveva perso potere e capacità d’intervento. Doveva eseguire ordini impartiti da nazisti. Il personale era stato disarmato.70
L’invito di Frossard
In tale contesto, si mosse un amico del dr Palatucci. Grazie alla documentazione conservata presso l’Archivio statale di Rijeka (due fascicoli) e presso il Fondo privato “Giovanni Palatucci” (conservato dall’avv. Antonio De Simone Palatucci), si possono estrapolare dei dati. La persona vicina al reggente era un conte. Si chiamava Marcel Frossard de Saugy (1885-1949). Nato a Graz (Austria). Di nazionalità svizzera. Coniugato con Gerda von Bülow (nata nel 1883). I Frossard erano genitori di due figlie. Possedevano una villa a Laurana. In questa proprietà, nel 1950, venne ritrovata dalla signora Gerda (in occasione della vendita dell’immobile) una valigia con vestiti ed effetti personali che Palatucci aveva lasciato. È dalla lettera che la signora Gerda scrisse in seguito alla madre di Palatucci (21 agosto 1950) che sono provati i rapporti di amicizia tra il reggente e la famiglia Frossard. Il conte Marcel invitò il dr Palatucci a seguirlo in Svizzera. Lo avrebbe ospitato a Ginevra, in rue de la Tertasse 5. Pur potendo lasciare Fiume, il reggente non volle abbandonare il proprio ufficio.
Il salvataggio di due ebree
Il dr Palatucci, mandò al suo posto una giovane ebrea: Maria (Mikela) Eisler, detta Mika. Era arrivata a Fiume nel 1941. Proveniva da Karlovać (in territorio croato). Separata dal marito. Il padre, Ernesto, era stato arrestato dagli ustašeil 6 luglio del 1941 (eliminato in seguito nel campo di concentramento di Jadovno). Come tutti coloro che provenivano da altri Paesi, Mika dovette presentarsi all’ufficio stranieri della Questura di Fiume. Qui incontrò il dr Palatucci e interagì con lui in più occasioni.
1] La donna, grazie al funzionariocit., trovò alloggio a Fiume71per un breve periodo presso Flora Glavina. Quest’ultima, insieme alla madre (Giulia Zagabria), risiedeva in un villino sito in via Milano al numero civico 6. Mika fu poi raggiunta dalla madre Dragica (Carolina) Braun72in Eisler, arrivata il 21 gennaio 1942.73
2] Questa profuga si adoperò presso il dr Palatucci per far proteggere anche altri ebrei suoi amici. Tra questi, chiese aiuto per la pianistaElisabeth Ferber Quitt74,arrivata a Fiume dalla Croazia nell’estate del 1941. La Ferber poté stabilirsi presso la sorella Blanca Ferber Singer (già presente in zona con il marito). Inoltre, Mika chiese anche all’amico funzionario di attivarsi per acquisire informazioni sul proprio padre.
3] Mika si rivelò molto utile per le traduzioni simultanee. Il dr Palatucci non conosceva il croato.
4] Il 30 aprile del 1942, Mika con la madre trovarono un riparo più sicuro a Laurana, a poca distanza da Abbazia. Le rifugiate croate furono accolte a ‘Villa Maria’ (via Oprino 135).75Tale sistemazione consentì loro di evitare rastrellamenti e il rischio di possibili incursioni aeree.
5] Nell’agosto del 1943 le due donne trovarono rifugio a Monfestino di Serramazzoni, un paesino in provincia di Modena.76In questa località c’erano altri rifugiati.
6] In ultimo, nel dicembre del 1943, per interessamento del dr Palatucci, Mika poté raggiungere il territorio elvetico con la madre. Al riguardo, il medico personale dell’ex reggente di Fiume, dr Giovanni Perini, ha testimoniato che il dr Palatucci “(…) aiutato da un buon prete della Regione conoscitore dei segreti dei suoi parrocchiani, riuscì nell’intento e le due signore, madre e figlia, furono salve”.77Inoltre lo stesso Perini affermò che Mika consegnò alle autorità elvetiche un progetto di autonomia riguardante Fiume, come da indicazione ricevuta da Palatucci.78Da Basilea le due profughe poterono poi tornare a Karlovać nel 1946. In tempi successivi Mika raggiunse Israele con residenza ad Haifa.
In tale contesto, il riferimento di Perini al “buon prete della Regione” trova un dato significativo in un messaggio trasmesso dal Comando Provinciale di Varese della Guardia Nazionale Repubblicana, al Comando Generale della stessa, datato 20 agosto 1944: “(…) [è confermata] l’esistenza di una efficiente organizzazione per lo espatrio clandestino di israeliti, renitenti al bando del 25 maggio u. scorso e ricercati politici pericolosi. Essa farebbe capo al locale clero e ad organizzazioni cattoliche di pretta marca antifascista ma la attuazione nella parte più delicata e pericolosa sarebbe affidata alla nota banda ribelle operante nell’alta provincia di Varese che opera con decisione, perizia per le ramificazioni profonde nella zona immediatamente retrostante al confine. […] Purtroppo il Servizio di Polizia di Frontiera Germanico [lascia] molto a desiderare perché costituito da effettivi della riserva, stanchi, anziani e notoriamente refrattari a collaborare con i nostri Servizi Istituzionali, in particolar modo amici della Guardia di Finanza italiana, il cui atteggiamento, dopo il deprecato 25 luglio 1943, fu sempre per la maggior parte, ed a esempio dell’arma dei carabinieri, più che indifferente strettamente operante con le forze ribelli e quelle antifasciste di oltrefrontiera. […].79
L’ultima scelta. La questione dell’archivio
Alcuni ricercatori si sono chiesti perché Palatucci non lasciò Fiume. Le ipotesi si sono accumulate. Da qui la nebbia. Dallo studio dei documenti del tempo si individuano comunque delle evidenze. 1] Il reggente non volle abbandonare i suoi uomini (disarmati). Questi, ebbero con lui vari contatti legati soprattutto a situazioni di incolumità personale e a vicende di famiglia. L’ambiente della Questura era ormai segnato da paure, insicurezze, previsioni funeste. Palatucci era consapevole di drammi incombenti (che puntualmente si verificarono: fucilazioni e foibe).
2] Esistevano situazioni a rischio per i civili. Quest’ultimi continuavano a vedere nelle ultime autorità italiane rimaste degli interlocutori naturali. 3] Il reggente approfittò dell’opportunità fornita dal conte Frossard per mettere in salvo due donne ebree (cit.). È in questo periodo che Palatucci potrebbe aver cercato di manomettere alcuni incartamenti di ebrei (altri fecero lo stesso a Roma, Ancona, La Spezia, Trieste…). Comunque, il reggente non distrussel’archivio, come è stato erroneamente scritto (sarebbe stata un’eclatante prova di colpevolezza). I fascicoli restarono al loro posto (e sono stati fotografati). A sostegno della cit.scelta del dr Palatucci è conservata una lettera dell’ing. Carl Selan80, di fede ebraica, a mons. Giuseppe Maria Palatucci (10 marzo 1954). Nella missiva l’A. afferma di aver “messo in guardia e sul chi vive Giovanni” già a partire dal 1943, “esortandoloa lasciare Fiume”, temendo della sua sorte con l’arrivo dei tedeschi; ma non fu possibile: “Egli rifletté un poco e disse che non poteva farlo”.81
I problemi con più interlocutori (aprile 1944)
Nel frattempo la situazione precipitava. Per tale motivo, in data 26 aprile 1944, il dr Palatucci scrisse una relazione al Capo della Polizia Eugenio Cerruti. La trasmise per conoscenza pure al Ministero dell’Interno.82Nel testo si trova un’esplicita denuncia:
«(…) L’azione della Polizia germanica continua a essere esercitata assai spesso su vasta scala, e viene svolta con criterio di durezza e di assoluta mancanza di rispetto della libertà individuale. A partire dal 29 giugno u.s. è stato condotto un rastrellamento che ha interessato alcune centinaia di persone (si parla di 650 persone), nei cui confronti si è proceduto ad arresto indiscriminato, nel cuore della notte, e spesso solo per esperire normali accertamenti di Polizia, mancando elementi di colpevolezza. Degli arrestati alcuni, e sono pochissimi, sono stati rilasciati, altri sono stati con tutta probabilità avviati in Germania, o smistati in altre carceri. Le battute devono essere state molto fruttuose, se il comandante della “Sicherheitspolizei” mi aveva interessato, sul principio del mese, alla ricerca di locali per un nuovo carcere.
Nulla si può opporre agli abusi e ai maltrattamenti perpetrati a danno dei cittadini italiani, perché le autorità italiane o rimangono assolutamente estranee a tali operazioni di Polizia, in quanto ridotte all’impossibilità di una concertazione in tale campo (Questura), o le avallano e le appoggiano mediante opera di delazione83, spesso a fini di vendetta personale (milizia e P.F.R.). Il Prefetto, poi, che potrebbe svolgere almeno opera di moderazione e di tutela, è del tutto passivo, sia per mancanza di energia di temperamento, sia perché ˗ come da molti segni è dato desumere ˗ è attaccato alla carica per motivi di utilità personale. Gli interventi e le proteste da me fatti finora, sia a favore di cittadini italiani ingiustamente arrestati sia a tutela di agenti di Questura, sono rimasti senza neppure l’onore di una risposta. (…)».84
L’operazione per eliminarlo
Nel trascorrere del tempo, i superiori di Palatucci – sul piano ufficiale – non formalizzarono accuse contro quest’ultimo. Le sue interazioni con persone perseguitate dal regime (donne e uomini ebrei; soggetti sorvegliati a Fiume e a Trieste…) rimanevano comunque controllate. Ha lasciato scritto lo studioso ebreo Teodoro Morgani85: “I tedeschi già sospettavano di lui; le autorità della RSI, sulla base dei rapporti dell’ufficio politico della Questura, lo avevano indicato come un ‘probabile confidente’ degli ebrei”.86Lo spionaggiodiretto da più regìe riferiva sui movimenti e su quanto accadeva in Questura. Riguardo a questo punto la ricerca di molti studiosi non si è stranamente inoltrata, eppure lo stesso Palatucci aveva scritto al Capo della Polizia Cerruti: “(…) ebbi sentore di un attacco, che si andava ordendo ai danni della Questura, a opera del comando del 3 rgt. Milizia territoriale (G.N.R.), su ispirazione del comandante Globočnik (…).”87E aveva pure confidato: “(…) Rischio molto, Fely, mi accorgo di esser diventato diffidente, infatti anche gli amici più cari non godono più della mia fiducia; ti sembrerà strano ma dentro di me incomincia a regnare la certezza che sarà proprio un amico a tradirmi (…)”.88
Alla fine, il reggente fu neutralizzato con i metodi del tempo. Forse, il collaborazionista che fornì dati informativi fu un dipendente della Questura, vicino a Palatucci. D’altra parte lo stesso storico Renzo De Felice (1929-1996) ha lasciato scritto: «(…) Basta ricordare che sulle tracce del commissario Giovanni Palatucci, che salvò col sacrificio della vita migliaia di ebrei, gli addetti ai lavori furono guidati da uno ‘zelante’ poliziotto italiano, mai perseguito dopo la Liberazione».89
L’arresto (13 settembre 1944)
Nella notte del 13 settembre 1944, su ordine dell’autorità nazista (ma non del tenente colonnelloHerbert Kappler90come è stato erroneamente scritto), membri della Sicherheitpolizei(polizia di sicurezza germanica) fecero irruzione nell’abitazione privata del dr Palatucci. Non si trattò di una delle tante perquisizioni. Occorreva arrestare il reggente della Questura. Serviva un’imputazione di reato molto grave. In tale contesto, si fece silenzio su una vicinanza del commissario agli ebrei. Ammettere ciò sarebbe stato un’auto-accusa di totale inefficienza (con una punizione letale). Nel caso di Palatucci bastò individuare ‘casualmente’ una prova (uno scritto politico proibito?) così da non utilizzare ‘testimoni’. In tal modo fu ‘documentato’ il reato di alto tradimento.91
Le informazioni dei servizi segreti sull’arresto
La notizia dell’arresto si diffuse in più ambienti. Ne è prova un’informativa della Polizia segreta di Tito. Nel Rapporto bisettimanale del Dipartimento della Difesa Popolare(OZNA92)per l’Istriasi legge anche questo passo: “(…) Stando ad alcune notizie/informazioni, egli (= Palatucci) è stato arrestato per aver tentato di salvare/ perché voleva salvare un gruppo di ebrei, per i quali lui pure nutre speciali simpatie”.93
La tortura
Il reggente fu interrogato con i metodi riservati ai traditori.94Su di lui pesavano più aggravanti: quella di essere un pubblico ufficiale, di aver mentito in modo reiterato, di aver mantenuto contatti con persone considerate nemiche del Terzo Reich, di aver posto in essere in tempo di guerra comportamenti ostili al regime. Torturato95, non fece alcun nome: né di colleghi, né di oppositori al nazionalsocialismo e alla R.S.I., né di ebrei. È significativo al riguardo il fatto che dopo il suo arresto non venne operato alcun fermo.96Dopo l’arresto di Palatucci fu nominato al suo posto il commissario aggiunto dr Giuseppe Hamerl (nato nel 1901).97Quest’ultimo, fuggito poi a Venezia, relazionò (11 giugno 1945) ai superiori riguardo a Fiume.98
Il periodo al ‘Coroneo’ e la deportazione finale
Per il tipo di reato ascritto all’ex reggente la Questura di Fiume, avvenuto in tempo di guerra, si attivava un processo farsa che terminava con una sentenza di morte. Durante l’occupazione tedesca della provincia del Carnaro, congiuntamente alle SS, era operante una Corte marziale straordinaria.99Si tende a ritenere che fu questa a condannare alla pena capitale il dr Palatucci. Poi il detenuto venne tradotto a Trieste. In base alla ‘giornaliera’ dell’istituto di detenzione ‘Coroneo’, il dr Palatucci, come molti non ebrei, transitò per il carcere cittadino ove oggi una lapide ricorda l’evento. Quindi, allo stato attuale delle ricerche, il passaggio dell’ex reggente in Risiera San Sabba non corrisponde a verità. In quest’ultimo luogo transitavano ebrei per essere trasportati con carri bestiame ad Auschwitz, e venivano condotti in Risiera partigiani combattenti (qui torturati per ottenere informazioni, e in seguito uccisi).
La detenzione dell’ex reggente della Questura di Fiume si prolungò per circa un mese. Il fatto è strano, considerando l’esito del processo. Dalle ricerche effettuate è risultato che vennero esperiti dei tentativi per salvargli la vita. Ciò trova riscontro nella lettera che il padre del dr Giovanni Palatucci (di nome Felice) scrisse il 25 agosto 1950 alla contessa Gerda Frossard. Nella missiva è annotato tra l’altro:
«Nobilissima Signora Contessa, Ho ricevuto le vostre gentili e gradite lettere e non so come esprimerle i miei sentiti ringraziamenti per il ricordo che serba di mio figlio. Anzitutto le esprimo le mie vivissime condoglianze per la dipartita di suo marito e condivido con lei il grande dolore. So che era un paterno amico di mio figlio e molto lo aiutò a Trieste quando trovavasi nelle mani di quei barbari tedeschi (…). Con l’occasione la prego vivamente per il seguente favore. Dato che a Roma alla Direzione della Divisione personale della Pubblica Sicurezza, nel fascicolo personale di mio figlio si trovano importanti documenti spediti a suo tempo dal Prefetto di Fiume riguardanti il caro mio figlio quando fu tradotto nelle carceri di Trieste e il comando voleva ancora farlo fucilare,non fu eseguito per il pronto intervento del grande uomo di suo marito che si interessò presso il Comando Tedesco.
Questa circostanza tornerebbe a maggiore onore di mio figlio e sarebbe tenuto in più grande considerazione dal detto Ministero così mi diceva un alto funzionario della Polizia qualche due mesi fa, come vede tale notizia mi è necessaria perciò la prego vivamente di farmi la cortesia di scrivermi una lettera nella quale descrive tale circostanza. Da tali documenti si rileva la sua dedizione alla Patria ed alla Istituzione della P.S. ed il suo interessamento per la sistemazione della città di Fiume. Se questa notizia verrà manomessa pur saprò quel che manca (…)”.100
I tentativi mirati a salvare la vita al dr Palatucci furono attivati dal conte Marcel Frossard de Saugy. Questa persona fu ascoltata dai nazisti perché, oltre ad essere inserito in attività economiche, Frossard era il marito di una nobildonna tedesca, Gerda (cit.), appartenente alla già ricordata famiglia dei baroni von Bülow.
Testo originale rapporto per l’OZNA. 25 dicembre 1944., p. 1. Il rif. al dr Palatucci si trova al punto 1
Il padre di Gerda, Adam von Bülow Ditrik, era un socio di minoranza della Companhia Antarctica Paulista, che fu uno dei punti di riferimento del processo di modernizzazione in Brasile. Inoltre, prima della IIa guerra mondiale, il Brasile aveva attivato stretti contatti con la Germania nazista: erano partner economici e il Paese sudamericano ospitava il più grande partito nazifascista fuori d’Europa.101Non possono, quindi, essere esclusi contatti economici tra i von Bülow e i vertici di Berlino.
Odsjek za zaštitu Naroda Istre
I. Sekcija Odsjek za zaštitu Naroda Istre
I. Sekcija
Broj: 170.
25.XII.1944
Odjelu za Zaštitu Naroda Hrvatske I.A.Odsjek
Dostavljamo Vam polit.inf.izvještaj za petnajst dana sa teritorija Rijeka-Sušak.-
Još nismo primili podatke i izvještaje iz Istre, izim nešto sa sektora Umago.-
Polit-inf.podaci:
1. Bivši upravnik policije na Rijeci Palatuci koji je hapšen po njemcima nalazi se interniran u Njemačkoj u jednom koncentracionom logoru. – Prema nekim-podacima on je hapšen, jer je htio spasiti jednu grupu židova, za koje i on gaji specijalne simpatije.- Palatuci ima diplomu doktora političke ekonomije i u posljednje vrijeme bio je izraziti anglofil i simpatizer židova.- Bio je prijatelj i suradnik bivšeg šefa OVRE DeMicheli koji se nalazi u Veneciji i gde je vidjen.-
On je tip od čovjeka koji voli luksuz i rasipan.-
(omissis)
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[Traduzione]
Reparto per la tutela della popolazione di Istria
I. Sezione
Numero: 170.
25.XII.1944
Reparto per la tutela del popolo della Croazia I. A. Sezione
Vi inoltriamo il rapporto politico informativo quindicinale dal territorio di Rijeka-Sušak.
Non abbiamo ancora ricevuto le informazioni e il rapporto dall’Istria, eccetto qualcosa dal settore di Umago.
Le informazioni politico-informative:
1. L’ex direttore della polizia di Rijeka Palatuci che è stato arrestato dai tedeschi, si trova internato in Germania in un lager di concentramento. – Secondo alcune informazioni è stato arrestato perché ha voluto salvare un gruppo di ebrei per i quali lui nutre una speciale simpatia. – Palatuci possiede un diploma di dottore in economia politica e negli ultimi tempi era un accentuato anglofilo e simpatizzante degli ebrei. – Era amico e collaboratore dell’ex direttore dell’OVRA De Micheli che si trova a Venezia ove è stato visto. –
Lui è un tipo di uomo che ama il lusso e che è dispendioso.
(omissis)
Testo in croato e in italiano del rapporto per l’OZNA. 25 dicembre 1944., pag. 1, punto 1.
Lavoro di trascrizione e traduzione a cura del prof. Mihály Szentmártoni.
Alcune sottolineature
Il documento della spia dell’OZNA interessa lo storico per diversi motivi. Il più importante di questi è che il testo per ben due volte sottolinea l’aiuto offerto dal dr Palatucci agli ebrei. Nel foglio si legge pure un riferimento a una linea anglofila. Probabilmente la spia intendeva far riferimento a quanto scrisse ‘ufficialmente’ Kappler. Esiste poi un riferimento al capo dell’OVRA. Il dato è marginale perché ogni agente di questo organismo aveva contatti continui con le Questure (ove operava anche un ufficio politico). Infine si descrive il dr Palatucci come persona amante del lusso e abituato a spendere denaro in modo eccessivo. Al riguardo, la spia tace su alcune evidenze. Palatucci era solito vestire in modo molto puntuale perché non voleva seguire altri colleghi che indossavano abiti poco consoni al ruolo di pubblico ufficiale. Si tratta quindi di un fatto di dignità personale e istituzionale. Unitamente a ciò, l’uso corretto del denaro in Palatucci è documentato dai suoi rendiconti. Chi lo conobbe non ha mai indicato in lui abitudini eccessive, dispendiose.
Dachau (ottobre 1944)
Il dr Palatucci fu consegnato dalle guardie del ‘Coroneo’ alle SS il 18 ottobre del 1944 per “Trasporto”.102Venne tradotto al Konzentrationslager(KZL) di Dachau. Nel campo arrivò il 22 ottobre 1944. Matricola 117826 (tatuata sul braccio). Assegnato al block 25. Era un internato politico di nazionalità italiana. Indossò una casacca con un piccolo triangolo rosso avente al centro la lettera I. Come evidenziato da Gianni Fazzini103, la motivazione ufficiale del suo internamento nel campo fu indicata come ‘Sch’, abbreviazione di ‘Schutzhaft’ (custodia protettiva). Tale espressione poteva far riferimento a più fattispecie accusatorie. Tutte legate a vicende di tradimento. In tal senso, pare più attendibile il fatto che l’ex reggente sia stato neutralizzato non per contatti con militari nemici, ma per l’aiuto ai perseguitati del tempo.104
Der Befehlshaber
der Sicherheitspolizei u. des S.D.
in Italien,
Maderno, 10 gennaio 1945
Ufficio di collegamento
Appunto per il capo della polizia repubblicana
Con riferimento all’appunto del 2 novembre 1944 si comunica che il Palatucci fu arrestato per aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per il quale motivo trovasi in un campo di concentramento.
Tenente Colonnello delle SS
(Kappler)
Nel lager di Dachau ebbero modo di incontrare il dr Palatucci Giuseppe Gregorio Gregori105(compagno di baracca), e il dr Feliciano Ricciardelli (lo vide in infermeria)106. Il 10 febbraio 1945 avvenne il decesso dell’ex reggente la Questura di Fiume. L’episodio fu forse legato alla diffusione del tifo petecchiale, ma non si può neanche escludere l’iniziativa tedesca di un’iniezione letale.107Tale fatto si motiva con la constatazione che l’epidemia colpì più baracche ma non quella del dr Palatucci. Il corpo del reggente venne gettato in una fossa comune sulla collina di Leitenberg.10878 giorni dopo, il lager fu liberato dagli Alleati. Solo nel 1948 arrivò ai parenti la notizia ufficiale della morte dell’ex reggente di Fiume. E il 9 aprile dello stesso anno si poté celebrare il funerale.
La ricerca storica sui delatori afferenti a più regìe
Nel tempo, si è anche sviluppata una ricerca sulla rete dei delatori, presente a Fiume, collegata a diverse regìe occulte. In città, ad esempio, fu operativo Alfredo Cimadori (fiduciario n. 492 dell’ OVRA).109Erano presenti infiltrati di Tito.110In tale contesto, Marino Micich, Segretario della Società di Studi Fiumani, ha dichiarato di essere a conoscenza (insieme a colleghi) del fatto che alcuni fedeli aiutanti di Palatucci vennero stranamente risparmiati dall’OZNA(polizia segreta di Tito) il 4 maggio 1945, mentre gli altri novanta agenti della Questura di Fiume furono infoibati nei pressi di Grobnico e di Costrena.111Riguardo alla tragica fine di questi agenti, esiste pure la testimonianza della figlia di Luigi Bruno (nativo di Caltanissetta, guardia scelta di P.S.) che aveva prestato in precedenza servizio presso la Questura di Bologna.
La signora Anna Maria indicò un collega del padre, definito un ‘giuda’, che il 4 maggio 1945 si presentò nella loro abitazione per accompagnarlo in Questura. Lui tornò regolarmente a casa, mentre Luigi Bruno e gli altri agenti sparirono nel nulla.112
Luigi Bruno, guardia scelta di P.S., morto infoibato
Dopo la morte di Palatucci, e malgrado i procedimenti di de-fascistizzazione in corso, diversi membri della P.S. del tempo non rilasciarono dichiarazioni sul reggente morto a Dachau, mantenendo una linea di silenzio. Tale orientamento fu motivato dalla volontà di non rivelare fatti interni purtroppo accaduti (collaborazionismo, delazioni, intese inconfessabili). Parlare in positivo di Palatucci avrebbe implicato per forza di cose il dover far riferimento anche ad altre figure che si comportarono in modo diverso.
L’occupazione dei partigiani di Tito (maggio 1945)
Il 3 maggio 1945, la città di Fiume venne occupata dai partigiani di Josip Broz (nome di battaglia: Tito; 1892-1980). In quel giorno, e nel periodo immediatamente successivo, furono eliminati gli esponenti autonomisti: Mario Blasich113, Riccardo Gigante114, Giuseppe Sincich115, Nevio Skull116 et al.. Le milizie troveranno ad attenderle nell’ufficio dell’ex-reggente la Questura di Fiume il maresciallo Francesco Maione (già collaboratore del dr Palatucci). Per intervento di quest’ultimo vennero messi in libertà tre agenti e il commissario aggiunto Mario Battilomo117.
Partigiani di Tito entrano a Sarajevo. 6 aprile 1945
Le note del Ministero della Guerra (giugno 1945)
Il 19 giugno del 1945, il capo della segreteria particolare del sottosegretario di Stato (Ministero della Guerra) trasmise al colonnello Agrifoglio118(capo ufficio I, Roma) il seguente messaggio:
Ministero della Guerra. Promemoria per il Sig. Col. Agrifoglio. 19 giugno 1945.
Oggetto: notizie di Palatucci Giovanni
“Promemoria per il sig. col. Agrifoglio. Oggetto: notizie di PALATUCCIGiovanni.
S.E. Chatrian119sarà vivamente grata se potranno essere assunte informazioni sul dottor PALATUCCI, di Felice, funzionario della Questura di Fiume. La famiglia Malner, presso cui dimorava privatamente il Palatucci, dovrebbe essere in grado di fornire qualche notizia (via Pomerio – 29 – Fiume). In attesa di cortese riscontro, la prego gradire anticipate grazie e devoti ossequi”.
Il 23 giugno 1945 venne trasmesso dal Ministero cit. un nuovo messaggio a nome e per conto del maggiore capo sezione a.p.s. Giuseppe Dotti. Il destinatario era il Centro Contro Spionaggio (C.S.) di Trieste. Si riporta il testo: “Prego informazioni dettagliate sul dottor PALATUCCIGiovanni di Felice, funzionario della Questura di Fiume. La famiglia Malner, presso cui dimorava privatamente il PALATUCCI, dovrebbe essere in grado di fornire qualche notizia (Via Pomerio 29 – Fiume).120Il fascicolo che riguarda il dr Palatucci (“Informazioni sul conto di Palatucci Giovanni”, anno 1945), conservato presso l’Archivio Storico dell’Esercito non ha altri documenti in merito.121
Ministero Guerra. 23 giugno 1945. Oggetto: Palatucci Giovanni. Al Centro C.S.
(Contro Spionaggio) di Trieste
L’informazione di Raffaele Cantoni (agosto 1945)
Dal 19 al 23 agosto del 1945 si svolse a Londra una Special European Conferenceof the World Jewish Congress.122Non si trattò (come scritto erroneamente da qualcuno) del II° Congresso Ebraico Mondiale, perché quest’ultimo si svolse a Montreux nel 1948. Uno dei rappresentanti italiani fu il rag. Raffaele Cantoni (1896-1971).123Era stato un legionario fiumano. Aveva interagito a Ginevra con il Congresso Mondiale Ebraico fin dal 1936. Fu dirigente della DELASEM(Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei). Membro della Massoneria. Politicamente vicino ai socialisti. Fervente sionista.Nel gennaio del 1944 raggiunse la Svizzera. Vi rimase fino al termine del conflitto mondiale. Ciò gli permise di operare con esponenti dell’ebraismo mondiale e con le forze partigiane del Nord.
Nel dopoguerra venne eletto presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Non si tratta quindi una figura marginale. Durante i lavori della Conferenza succitata, Cantoni poté informare sulla realtà italiana, sulle criticità, sulle iniziative a favore degli ebrei, su aspetti particolari, incluso il sostegno ai profughi.124È da qui che si arrivò poi a far memoria delle diverse vie che consentirono la salvezza a molti perseguitati (tra queste il ‘canale di Fiume’)125, e anche dei salvatori, non escluso l’ex reggente la Questura di Fiume morto a Dachau.
Con riferimento alle zone dell’Italia nord-orientale chi fornì i dati a Cantoni e ad altri ebrei? Gli Alleati incontrati in Svizzera? I partigiani? I sopravvissuti allo sterminio? I referenti locali dellaDELASEM? Non si trattò comunque del rabbino di Sušak, Otto Deutsch126. Era infatti morto nel manicomio di Nocera Inferiore nel 1943.L’American Jewish Joint Distribution Committee?127Il genovese ebreo dr Lelio Vittorio Valobra?128Quest’ultimo, conosceva bene la situazione del Carnaro. Dopo i tre milioni di lire fatti arrivare a Genova nelle settimane precedenti il suo sconfinamento (1943), aveva fatto pervenire tra il gennaio ed il giugno 1944 ventisette milioni di lire a Genova e un milione di lire sia a Fiume che a Milano.129
Allo stato attuale delle ricerche, si tende a pensare che Cantoni acquisì notizie da ex-perseguitati (specie quelli che raggiunsero la Svizzera) e, probabilmente, da militari alleati (impegnati in azioni di intelligence).130Cantoni, però, non fu il solo a indicare percorsi di fuga dai nazifascisti. Si aggiunse pure la segnalazione di un esponente della Comunità Ebraica di Roma, il signor Settimio Sorani (1899-1982).
Le annotazioni di Settimio Sorani
Sorani, fu il responsabile della sezione romana della DELASEMdal 1941 al 1943. Si mostrò molto attivo nelle operazioni della resistenza ebraica. Terminata la guerra, assunse la direzione di organizzazioni sionistiche. Dal 1948 al 1952 divenne Commissario per l’immigrazione presso la Legazione dello Stato d’Israele a Roma. Poi, direttore del Keren Hayesod italiano (Fondo nazionale di costruzione d’Israele, centrale finanziaria del movimento sionista mondiale, come dell’Agenzia Ebraica). Dal 16 ottobre 1955 al 31 dicembre 1964, Sorani svolse le funzioni di segretario della Comunità ebraica di Firenze. Nel 1967 terminò di scrivere il testo delle sue memorie (pubblicato solo nel 1983 per difficoltà con gli editori, dopo la morte dell’A.). Come persona non fu un ‘diplomatico’, ed espresse critiche verso il Vaticano.Morì a Firenze. Il ‘Fondo Settimio Sorani’ è conservato a Milano, presso la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. Sorani, nelle sue memorie fece diversi riferimenti.
Sulla situazione di Fiume annotò: «Sugli ebrei di Fiume e Sussa sono rimaste solo poche notizie ed anch’esse imprecise nelle date e discordanti circa il numero delle persone. Il 16 Agosto 1941, il Segretario della Comunità di Fiume, Sig. Francesco Cantori131, telefonò a Roma, scongiurando di intervenire presso il Ministero perché si evitasse che i profughi colà esistenti fossero respinti nell’interno della Croazia. I profughi erano circa 400, ma molti, per non essere presi, non si presentavano come sarebbe stato prescritto, né all’anagrafe, né in Questura. Altri fuggivano a piedi per raggiungere illegalmente Trieste. Erano come impazziti e, pur di sfuggire alla deportazione, poiché sapevano che cosa ciò volesse dire, affrontavano gravi pericoli e cadevano vittime delle speculazioni di profittatori che, dietro esosi compensi, promettevano loro di metterli in salvo.
È, forse, a seguito di questa telefonata che l’autore di queste note, preparò un appunto manoscritto per Dante Almansi132 perché intervenisse presso il Ministero. Questo manoscritto potrebbe però essere opportunamente collocato anche un anno dopo, poiché in esso si fa cenno alla decisione di respingere tutti i profughi ebrei in Croazia, decisione che veniva applicata benché il Questore dr Genovese133sapesse, o proprio perché sapeva, che coloro che venivano così spietatamente respinti andavano incontro a morte certa e terribile. Un altro pro-memoria, anch’esso di data incerta, tratta lo stesso argomento, insistendo sulla richiesta che fosse sospesa la tragica decisione di respingere in Croazia i profughi ebrei. Tale pro-memoria potrebbe essere collocato nel Luglio ’42 (…)». 134
Il riferimento al dr Giovanni Palatucci
Nelle sue memorie, il signor Sorani fa poi un esplicito riferimento alla persona e all’operato del dr Giovanni Palatucci. Si trascrive il testo:
«Fiume.
(…) Un immediato, spontaneo e quanto mai prezioso aiuto essi (gli ebrei) lo ebbero da un funzionario della R. Questura. Costui era il Dr. Giovanni Palatucci, capo dell’ufficio stranieri (…). Il Dr. Palatucci era, tra l’altro, cattolico credente ed era convinto che non si debba obbedire ad una legge del potere civile in contrasto con la legge suprema della difesa e del rispetto dell’umanità. Quando ebbe coscienza che nelle sue mani di funzionario addetto al controllo e alla vigilanza degli stranieri, stavano, in gran parte, le sorti degli ebrei di Fiume, non esitò un istante a prendere posizione conforme alla sua coscienza di cristiano e di italiano. Senza la sua adesione, assai difficile sarebbe stata l’azione dei patrioti fiumani.
Imperava, nel vero senso della parola, a Fiume, quale prefetto, un intimo gregario di Mussolini, tale Temistocle Testa, quello stesso che Mussolini, dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia, spedì precipitosamente a Palermo col titolo di Alto Commissario Plenipotenziario, onde, facendo uso della sua esperienza di repressore sanguinario che innumerevoli lutti e rovine arrecò alla provincia di Fiume ed ai territori finitimi135, rabberciasse la situazione che appariva, colà, catastrofica.
Il Testa aveva dato categoriche disposizioni alla Questura per la persecuzione degli ebrei. Il Dr. Palatucci si assunse la responsabilità di rendere inoperanti gli ordini: provvide cioè ad allontanare da Fiume, alla chetichella, gli ebrei stranieri che avrebbero dovuto essere arrestati e deportati. Ufficialmente egli li faceva apparire irreperibili, mentre poi, munitili di documenti alterati136che li facevano apparire “ariani”, li avviava dapprima ad un suo zio, Vescovo di una diocesi del Sud, il quale provvedeva a sistemarli un po’ dappertutto, poi ai centri che nel frattempo si formavano nell’Abruzzo, nel Molise ecc. per l’ospitalità ai cosiddetti sfollati di guerra, sotto il cui nome potevano facilmente passare i perseguitati razziali (…).
Nonostante fosse noto che in Italia il fascismo perseguitava gli ebrei, a Fiume, dopo il promulgamento delle leggi razziali, continuò l’afflusso segreto degli ebrei profughi dall’Europa invasa. Questo afflusso prese proporzioni ampie dopo l’invasione nazi-fascista della Jugoslavia, che mise in pericolo gli ebrei stranieri, precedentemente rifugiatisi. Sorse lo Stato Croato. Una parte del suo territorio fu occupato, per motivi strategici, dalla Seconda Armata Italiana, ma le Autorità locali dipendevano dal Governo che aveva adottata la politica razziale hitleriana, per cui si scatenò anche lì, un’orrenda guerra contro gli ebrei. Questi cercavano allora salvezza attraverso quello che ormai era noto sotto il nome di “canale” di Fiume. Secondo le disposizioni del prefetto Testa, che fungeva pure da Commissario di Stato, gli ebrei fuggenti dalla Croazia nel territorio italiano dovevano essere colti come in trappola. Grazie invece alla collaborazione dei soldati e degli ufficiali della Seconda Armata, la trappola non funzionò, ma agì invece il “canale” di Fiume, noto segretamente negli ambienti della Seconda Armata.137
Il concorso dei soldati e degli ufficiali della Seconda Armata all’azione di salvataggio degli ebrei venne portato a conoscenza della prima conferenza ebraica mondiale, tenutasi dopo la Guerra a Londra, nell’Agosto del 1945 dal Delegato Raffaele Cantoni, il quale rivelò che ben 5.000 ebrei erano stati da essi posti in salvo… Dopo l’8 Settembre 1943 mutò la base delle condizioni di Fiume… Il C.L.N. fiumano esortò il Dr. Palatucci a restare al suo posto onde il “canale”, continuasse a funzionare… Così il Dr. Palatucci divenne il ‘Dr. Danieli’ del Movimento di Liberazione Nazionale.138Dopo l’8 Settembre la Seconda Armata abbandonò il territorio jugoslavo che venne occupato ora dai partigiani di Tito, ora da croati ustascia, ora dai tedeschi. Nell’Ottobre 1943 i tedeschi effettuarono il primo attacco contro la Comunità Israelitica di Fiume… Le disposizioni prese subito dal Palatucci per parare i colpi dei tedeschi e dei fascisti (…) permisero di ottenere il controllo dei preparativi delle SS e dell’ufficio politico contro gli ebrei.
Intanto egli sollecitava l’esodo degli ebrei presenti in città. Il risultato definitivo fu che la maggior parte degli ebrei di Fiume scampò alla morte. Perirono coloro che indugiarono sperando nella pietà dei barbari. Nel Settembre 1944 il Dr. Palatucci venne prelevato nella sua casa dalle SS e dagli sbirri della Questura repubblichina (…) nel 1945 venne deportato in un lager della Germania nel quale morì durante la prima metà dell’Aprile mentre la liberazione recata dalle armi dei vittoriosi e gloriosi eserciti anglo-americani e sovietici si avvicinava (…)».139
I riferimenti al ‘canale di Fiume’
Nel testo cit. in precedenza si arriva a citare per tre volte il ‘canale di Fiume’. Per questo motivo gli storici hanno cercato di meglio comprendere tale realtà, tentando di individuare chi operò in segreto. I risultati sono stati interessanti. È emersa in particolare – tra gli altri – la figura di padre Paolino (Cesarino Beltrame Quattrocchi; 1909-2008). Nel 1924 era già aspirante monaco benedettino. Fu cappellano militare del V Raggruppamento GAF (Guardia alla Frontiera) a Fiume tra il 1941 e l’8 settembre 1943, proprio nel periodo in cui la carica di prefetto era ricoperta da Temistocle Testa (cit.).140Questo religioso era coinvolto in una rete che trasferiva gli ebrei croati in Italia. Dopo l’8 settembre iniziò a trasferirli da Fiume a Parma. Questo suo nuovo impegno fu scoperto. I tedeschi cominciarono a ricercarlo in Dalmazia. Per tale motivo, il sacerdote dovette chiedere ospitalità a Trieste in casa del colonnello del Genio Navale Mario Ponzo.141Chi scrive ha avuto la possibilità di intervistare la sorella di p. Paolino, Enrica (Enrichetta; 1914-2012; Serva di Dio), prima che questa morisse.
I riconoscimenti a Palatucci
All’ex reggente la questura di Fiume fu dedicata una strada a Ramat Gan, vicino Tel Aviv (1953) e vennero piantati degli alberi in suo onore. Tutto ciò si svolse alla presenza di ebrei che erano stati seguiti dal dr Palatucci e dallo zio vescovo (Giuseppe Maria) negli spostamenti in Italia, ed ebrei che si ricordavano ancora del dramma legato alle vicende della nave ‘Aghia Zoni’ (marzo 1939). Su quest’ultima vicenda si è sviluppata anche una ricerca storica utilizzando: diario della guida (Alfons Goldman) incaricata dall’Agenzia Ebraica (sezioni di Vienna e Zurigo), diario di bordo, atti della capitaneria di porto e della prefettura di Fiume, liste dei passeggeri, una fotografia, et al.. Con i dati acquisiti sono state delineate le coordinate. Anche chi scrive ha potuto acquisire informative dagli studiosi di Yad Vashem.142Il fatto al centro della vicenda è il seguente: nel 1939, per iniziativa di una Agenzia ebraica, venne affittata un’imbarcazione per condurre in Palestina un determinato numero di ebrei. La nave, arrivata a Fiume, fu bloccata per le gravi irregolarità riscontrate (carenza servizi igienici, assenza scialuppe di salvataggio, numero ambienti interni inadeguati ad accogliere il numero concordato di ebrei, et al.). Tale situazione faceva cancellare il progetto ebraico. Il dramma nasceva anche dal fatto che il regime fascista aveva decretato un limite temporale a queste operazioni: il 12 marzo 1939. Fu necessario, comunque, posizionare la nave in un porto attiguo per le riparazioni (Abbazia). Gli ebrei, nel frattempo, rimasero ristretti per settimane in magazzini adibiti a deposito merci. Nel frattempo si aggiunse un’altra vicenda. Altri ebrei arrivarono nel porto e cercarono di essere inseriti nelle liste di imbarco. Il contesto descritto fu reso ancor più difficile perché a diversi ebrei fu promesso di salire a bordo in cambio di denaro o beni preziosi. L’operazione era ormai ingestibile. In tale contesto, il dr Palatucci, in quanto responsabile dell’ufficio stranieri143, intervenne per individuare una soluzione (i suoi superiori stavano già respingendo diversi ebrei). Egli fu costretto a discutere con tutti gli interlocutori del momento. Non fu un compito semplice perché la nave non poteva accogliere la totalità degli ebrei posizionati lungo la banchina. Alla fine il funzionario riuscì a sbloccare una situazione ritenuta persa. L’‘Aghia Zoni’ riuscì a salpare il 17 marzo 1939 (non rispettando quindi la direttiva di Mussolini). In tempi recenti l’azione di Palatucci è stata considerata ‘marginale’. Quasi inesistente. Però, nella memoria riconoscente di chi arrivò in Palestina la sua figura non cadde in oblio.
Al dr Palatucci fu poi assegnata (1955) una medaglia d’oro dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia. Nello stesso anno, l’antifascista di religione ebraica dott. Antonio Luksich Jamini, nato a Fiume nel 1902 e morto nel 1988,144pubblicò un articolo dal titolo Il salvataggio degli ebrei a Fiume durante la persecuzione nazifascista.145In seguito, venne conferito a Palatucci il titolo di ‘Giusto tra le Nazioni’ dal Memoriale Ebraico dell’Olocausto Yad Vashem(1990). Seguirono altre iniziative e pubblicazioni di autori ebrei.146
Le notizie divulgate nel 2013
Nel 2013, il Centro ‘Primo Levi’ comunicò ai media (non agli storici) che «Giovanni Palatucci fu un pieno esecutore delle leggi razziali». Quanto riportato venne scritto da Natalia Indrimi (non studiosa di Palatucci), direttrice del Centro, in una lettera pubblicata dal “New York Times” (2013). Il testo prosegue: «e, dopo aver prestato giuramento alla Repubblica Sociale di Mussolini, (Palatucci) collaborò con i nazisti». Il Centro ha spiegato, inoltre, che la deportazione di Palatucci non fu decisa dai nazisti per l’opera a favore degli ebrei, ma per aver passato ai britannici i piani per l’autonomia di Fiume. Riguardo al vescovo mons. Giuseppe Maria Palatucci (1892-1961; francescano conventuale), zio di Giovanni (operò con il nipote a tutela di più ebrei) il giudizio è drastico. Indrimi e il suo Centro spiegano che fu proprio lui a ‘costruire’ in modo non chiaro il mito: «Tutto iniziò nel 1952, quando lo zio vescovo raccontò questa storia per garantire una pensione ai parenti dell’uomo».
Le reazioni
La posizione del Centro “Primo Levi” sorprese molte persone, anche in Israele. Per vari motivi.
1. Non fu il Centro a promuovere lavori su Fiume e Palatucci. Furono degli studiosi in Italia (1995). L’iniziativa non ebbe un particolare seguito. L’attenzione dei media fu tenue. Così, a New York, qualcuno decise di ritornare sull’argomento in modo più dirompente.
2. L’alto numero di documenti ‘inediti’, ai quali fa riferimento il Centro, è in realtà noto a più storici. Uno degli strumenti conoscitivi rimane a tutt’oggi il database onlinedello Yad Vashem(Gerusalemme).
L’Archivio in questione riporta le schede delle oltre quattrocento vittime ebree che vivevano a Fiume. I nazisti decimarono la loro Comunità (formata da circa cinquecento persone ).Digitando ‘Fiume’ (nello spazio riservato al luogo di residenza), appaiono i nomi delle persone trucidate, con l’età ed altri dati essenziali. Molti documenti sono stati studiati anche nell’Archivio di Rijeka.
3. È noto, poi, che chi operò a favore degli ebrei, cercò di non destare sospetti, di non attirare sguardi, di evitare i controlli, la censura, i delatori, di non mettere niente per iscritto. Per questo motivo, una ricerca per il Vice Capo della Polizia italiana non poté trovare elementi in fascicolo personale su meriti del dr Palatucci.
4. Nelle sue iniziative umanitarie il dr Palatucci non agì mai da solo. Si appoggiava a terzi. Studiare quindi la sua figura (e i movimenti) escludendo una rete di solidarietà è un metodo assolutamente non storico.
5. I tentativi umanitari in alcuni casi riuscirono, in altre situazioni ebbero un esito parziale, in varie occasioni non arrivarono al traguardo (cf documento che si riferisce a Palatucci scoperto da chi scrive con l’aiuto del Prefetto di Trieste e del Responsabile dell’Archivio di Stato di Trieste)147. Tutto questo è stato documentato. È noto anche agli studiosi la triste attività di chi volle lucrare sulle disgrazie altrui (operazioni via mare; attraversamento di confini), e su chi (specie i passatori di montagna) strinse accordi di morte con le autorità naziste.
6. Non è possibile calcolare il numero dei salvati da Palatucci (che comunque ci furono148). Vari studiosi hanno cercato di farlo, con l’aiuto di archivisti, di storici, di esponenti del mondo ebraico, di testimoni del tempo. Al riguardo, ci si è resi conto della co-presenza di molteplici variabili. Inoltre, di alcune vicende non si conosce l’esito. In tale contesto, la prudenza suggerisce cautela nell’indicare la cifra complessiva degli ebrei salvati.
Archivio dello Yad Vashem
7. I giuramenti a organismi statali (in un conflitto con più fronti) non implicarono necessariamente, in foro interno, delle sostanziali adesioni ideologiche. Molte volte (non sempre) costituirono una strategia per continuare a lavorare in ambienti ove si operò alla luce ma anche in sordina.
8. Dai documenti conservati in più Archivi (Londra, Washington) risulta che i britannici erano già a conoscenza del moto autonomista presente a Fiume. Per tale motivo, sembra debole insistere su un ruolo chiave di Palatucci in merito a questioni di autonomia locale.
9. L’uso di canali non autorizzati da parte di Palatucci riguardò, in realtà, varie situazioni (cit. nelle memorie dei sopravvissuti). In particolare, il telex di Kappler (10 gennaio 1945), ricordato dal Capo della Polizia del tempo Eugenio Cerruti (a sua volta informato dal Prefetto Spalatin149), fa riferimento a «contatti informativi col servizio informativo nemico». Non indica questioni di autonomia locale. I nazisti, quindi, stavano seguendo non la pista degli autonomisti (alla quale erano invece molto interessati i partigiani di Tito) ma un sistema di segnalazioni che includeva anche il dramma dei perseguitati (ciò risulterà chiaro dagli eventi successivi).
10. Mons. Palatucci, vescovo di Campagna (prov. di Salerno), segnalò la figura del nipote in più circostanze. Ma non nel 1945. Solo in anni successivi. Ad assumere la prima iniziativa furono esponenti della Comunità ebraica.
11. A Campagna esisteva un campo di internamento costituito dalla caserma San Bartolomeo (ex convento dei Domenicani), e dalla caserma Immacolata Concezione (ex edificio claustrale degli Osservanti). Qui, i Palatucci cercarono di inserire alcuni ebrei.150Consultando l’Archivio locale, e visitando il museo, è possibile capire le differenze esistenti tra questo campo e altri luoghi di internamento (in nord Italia).
Il 29 ottobre 1941 il segretario del Partito Nazionale Fascista, Adelchi Serena (1895-1970), scrisse una lettera all’allora Capo della Polizia con la quale si lamentava della «troppa libertà in cui vivono gli internati ebrei del campo di concentramento di Campagna» e chiese «provvedimenti conseguenti da parte delle forze di polizia del regime».
12. Dall’Archivio di Fiume, i documenti relativi al periodo successivo all’8 settembre 1943 sono stati sottratti. Il fascicolo personale di Palatucci (consultabile) è vistosamente carente di molti documenti essenziali. Ci sono le note burocratiche delle sue domande di trasferimento, le richieste di permessi, la nota positiva per essere «di ottima condotta morale, politica e sociale, iscritto al Partito Nazionale Fascista dal 23 marzo 1928», la promozione a vice-commissario aggiunto (in data 28 luglio 1940, con decorrenza 16 maggio).
13. Nell’Archivio di Fiume esiste un solo documento successivo all’8 settembre 1943. È una lettera del 29 febbraio 1944 indirizzata dal reggente della questura, Roberto Tommaselli, a Carlo Paknek, consigliere germanico per la provincia del Carnaro e, per conoscenza, al prefetto (la copia consultata è quella di pertinenza della prefettura, protocollata il 3 marzo). Si tratta di una protesta perché Palatucci il 26 febbraio era stato convocato dal commissariato tedesco e interrogato sul possesso di una radio appartenuta a un’ebrea di nome Weisz. Nel frattempo, un civile e un agente tedesco erano andati a casa sua chiedendo informazioni sulla medesima radio alla proprietaria dell’appartamento. Il dirigente della questura protesta per il modo irriguardoso utilizzato dai tedeschi nei confronti di un dirigente di polizia italiano.
Uno stile non condivisibile
Ciò che ha motivato perplessità verso il Centro ‘Primo Levi’ è stata la linea della Indrimi. Prima ha divulgato delle informative a nome del Centro che hanno procurato danno morale alla figura del dr Palatucci. Poi ha inviato una durissima lettera al ‘New York Times’. Ha scritto al Museo della Shoahdi Washington. Harilasciato interviste. Ha insistito ancora su siti internet. In alcuni casi ha affermato di parlare a titolo personale, in altri casi di esprimere la posizione del Centro. Dopo tutte queste iniziative, quando alcuni storici le hanno chiesto di prendere visione almeno dei documenti che il Centro riteneva essenziali per ‘accusare’ Palatucci, la Indrimi prima ha risposto che ognuno li poteva trovare da solo negli archivi pubblici. Poi, ha dichiarato che non potevano essere divulgati perché erano ancora allo studio, perché si stavano ancora traducendo, perché i saggi che li accompagnano non erano pronti, perché non riguardavano solo Palatucci. A chi scrive, dopo lo scambio di alcuni messaggi, ha chiuso la comunicazione.
Pagina di un pro memoria di Antonio Luksich Jamini ritrovato dal prof. Guiducci: “(…) Gli Israeliti che furono aderenti attivi della nostra Lotta di liberazione, e che per codesto motivo perirono, sono stati iscritti nei nostri elenchi. I Milch, padre e figli, che vivevano nascosti, protetti dal dott. Palatucci, caddero nelle mani delle SS di Fiume dopo una vertenza avuta col figlio del corrispondente de ‘Il Piccolo’ di Trieste, Lucifero Mastini, ancora fascista, concernente l’appartamento dei Milch, che il Mastini pretendeva di occupare essendo d’un ebreo».
14. Secondo l’opinione di diversi storici, i documenti che non si trovano nell’Archivio di Fiume, sono probabilmente conservati a Belgrado, presso l’Archivio militare. Qui, si trovano altri incartamenti della Questura e della Prefettura di Fiume. Belgrado, comunque, nell’arco di più anni, non ha manifestato una particolare sensibilità per ricerche su Palatucci.
15. Comunque, da una sommaria ricognizione fatta da Lijubinka Karpowicz151(storica di Fiume) sui fondi di Belgrado accessibili ai ricercatori, è emersa solo una richiesta di ricerca del 25 novembre 1946 (un anno e nove mesi dopo la morte di Palatucci). Il Comitato antifascista del 259° battaglione prigionieri di guerra chiede alla sezione italiana per i prigionieri di guerra, a Belgrado, di voler «comunicare se il compagno Palatucci Giovanni di Felice è prigioniero in Jugoslavia, in quale campo o se è rimpatriato». Una nota a mano del 2 dicembre ordina: «Accontentare questo Comitato antifascista e poi rispondere».
Le prese di distanza
In presenza di tale situazione, un numero significativo di studiosi della Shoah(Di Francesco, Doino jr., Giusti, Guiducci, Malini,Napolitano, Picariello, Preziosi, Viroli, et al.)è intervenuto per rivedere le fonti, mentre autori di fede ebraica (de Canino, Foa, Murmelsteinet al.) hanno pure scritto libri e articoli a difesa della memoria del dr Palatucci. In particolare, è stato evidenziato un limite del Centro ‘Primo Levi’: non si accusa una persona morta in un campo di concentramento a 36 anni senza aver contemporaneamente pubblicato tutti i documenti di merito (a tutt’oggi il Centro non ha pubblicato le centinaia di documenti che afferma di possedere). Si è anche preso atto che il comportamento della Indrimi non è sereno. Le parole con le quali ha descritto il comportamento di Palatucci sono, sul piano oggettivo, violente e diffamatorie. In tal senso, risulta più equilibrato lo studio del prof. Marco Coslovich152(di fede ebraica), e sono più caute le dichiarazioni dello storico prof. Michele Sarfatti, direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec Onlus) di Milano.153
La ricerca degli ebrei
L’accusa più grave, rivolta al reggente di Fiume, ha riguardato la denuncia di quest’ultimo di una famiglia ebrea nascosta sotto falso nome, in seguito a una richiesta della Questura di Ravenna (telegramma del 23 maggio 1944). Secondo il Centro ‘Primo Levi’, Palatucci avrebbe dovuto rispondere che essi non erano residenti a Fiume, e che non erano noti al suo ufficio, né lo erano presso la sua anagrafe. Invece l’informativa fu redatta in questi termini: «Trattasi di ebrei apolidi fiumani qui irreperibili che identificansi per…», con i dati anagrafici dei membri della famiglia. Il biglietto era firmato «Pel reggente Palatucci».
Il 23 maggio 1944 Palatucci era reggente della Questura da meno di due mesi. Non è difficile pensare che era sorvegliato (poco più di tre mesi dopo subì l’arresto). Il telegramma pervenuto alla Questura di Fiume non era “riservato-personale” a lui. Quindi ˗ essendo stata già controllata la richiesta da terzi ˗ il reggente non poteva mentire, negando che i nomi della famiglia ebrea fossero registrati nelle liste della Polizia e all’anagrafe. Di conseguenza, la risposta fornita ‘Per il reggente’ non avrebbe potuto riportare null’altro che i dati di archivio. Inoltre, la data del biglietto, ‘urgente’ solo formalmente, è del 23 maggio 1944. L’arresto della famiglia era già avvenuto il 4 maggio. Unitamente a ciò, si rileva un altro dato. Dichiarare in quel momento una persona ‘irreperibile’ significava comunque rendere molto complicate le indagini. In un’ora nella quale Fiume era accerchiata da più realtà ostili, e permanendo una carenza di personale investigativo, era difficile pensare a ricerche accurate sugli ‘irreperibili’.
L’aiuto agli ebrei non residenti
Esiste, poi, un altro punto che il Centro ‘Primo Levi’ devalorizza. Giovanni Palatucci, essendo responsabile dell’ufficio stranieri, interagì soprattutto con ebrei non residenti. Le operazioni riguardanti i residenti erano assegnate a un personale che si poteva orientare attraverso il registro dello stato civile. Il lavoro era metodico. Basato su schedature, controlli, complicità e paure. Per una ricerca storica corretta, uno strumento rimane il data-basedei fascicoli del Fondo Questura dell’Archivio di Stato di Fiume, ma anche i fondi depositati in altri Archivi (es. Trieste).
Testimonianze non attendibili?
Non è da tacere, ancora, un aspetto. I membri del Centro cithanno respinto ogni testimonianza a favore di Palatucci (cf anche i lavori della Commissione di studio di Milano154). Tra i vari testi emergono figure significative. Se ne possono ricordare alcune:
˗Franco Avallone. Figlio di Raffaele Avallone (1900-1945). Raffaele era nato a Vietri sul Mare (Salerno). Guardia scelta di P.S.. Conobbe Palatucci a Genova e lavorò con lui a Fiume. Lo aiutò in operazioni non ufficiali a favore di ebrei. Morto infoibato.
-Americo Cucciniello (1920-2004). Nato ad Avellino. Guardia di P.S.. Fu autista di Palatucci. Collaborò in operazioni ‘non ufficiali’ a favore di ebrei.155Nella sua testimonianza ha anche ricordato azioni a favore delle famiglie Dragoner Alberto e Umberto Herzoch. Altro intervento riguardò la famiglia dei Sachs. Era formata dalla signora Lilli, dal fratello Borio e da un bambino figlio di una figlia sposata con un ufficiale aviatore polacco della Raf di nome Igor. I Sachs furono accompagnati da Cucciniello, per ordine del dr Palatucci, a Cavaglià (provincia di Vercelli). Questo testimone ha pure indicato un’operazione a tutela di una famiglia ebrea nascosta a Ravenna. Fu Cucciniello ad accompagnarla a Bergamo ove si trovava una persona fidata: il commissario Mario Scarpa.156
I dati forniti da Cucciniello sono significativi (e oggetto di studi ancora in corso) perché fanno tra l’altro riferimento a: l’interazione tra il dr Palatucci e il rabbino della comunità ebraica di Sušak(Otto Deutsch), la preparazione di documenti falsi, la figura del tenente delle SS Wagner di stanza a Fiume (morirà suicida in prigione).
˗Alberino Palumbo (1924-2007). Nato a Neviano. Appuntato di P.S.. Attendente personale di Palatucci nel 1943. Collaborò in operazioni ‘non ufficiali’ a favore di ebrei.157
-Miriana Tramontina (nata nel 1934). Nata a Fiume. Dalla madre (Paola de Luca in Tramontina) e dalla zia (Feliciana de Luca in Tremari, nata nel 1912, direttrice ONMI) venne a conoscenza di operazioni a protezione di ebrei ove era coinvolto anche il dr Palatucci. Nella sua testimonianza cita alcuni esempi: famiglia Scherer (sette persone), famiglia Zupicic (sei persone), famiglia Corner (dodici persone), famiglia Katalinić (cinque persone) et al..158
-Alberto Remolino (1917-2006). Nato a Campagna. Soldato di leva a Fiume, presso il 26° reggimento fanteria (vi restò fino al giugno 1945). Lavorò come sarto. Facilitò un collegamento tra Giovanni Palatucci (Fiume) e lo zio vescovo (Campagna). Affrontò rischi (periodo di guerra). Il suo ruolo di intermediario risulta da alcune azioni umanitarie (non ebbero sempre esito positivo).
Testimonianze… (segue). Veneroso
Giuseppe Veneroso (1921-2009). Nato a Pisciotta (Salerno). Finanziere. A diciotto anni prestava servizio alla frontiera italo-jugoslava (Buccari). Inquadrato nella compagnia di Sušak (dal 1° maggio 1941 all’8 settembre 1943). Fu testimone del flusso clandestino di ebrei in fuga, e delle protezioni in loco. «In entrambi i posti di servizio (porto di Buccari e distaccamento di Buccarizia alconfine di terra con la Croazia) ricordo perfettamente ˗ scrive Veneroso ˗ che, durante le lunghe notti, agenti della Pubblica Sicurezza accompagnavano gruppi di civili al nostro posto di guardia, per farli espatriare in sordina. Tutti quanti erano provvisti di lasciapassare a firma dell’allora commissario Palatucci e tutti noi eravamo a conoscenza che erano ebrei in fuga» .159La testimonianza di Veneroso è significativa per più motivi. Prima di tutto egli sottolinea l’interazione avvenuta tra il dr Palatucci e due suoi superiori: “il maggiore Fortunato e il capitano Tatonetti”. Con l’aiuto del Centro Studi Storici e Beni Museali del Quartier Generale della Guardia di Finanza è stato possibile trovare una conferma a quanto descritto da Veneroso. Erano effettivamente presenti a Fiume il maggiore Luigi Fortunato (nato nel 1892), e il capitano Alfonso Tatonetti (nato nel 1904).160Unitamente a ciò esistono ulteriori dettagli sui quali gli storici stanno studiando: gli accompagnatori dei gruppi di perseguitati, la vicenda di due ragazze ebree uccise dopo un tentativo di violenza da parte di due poliziotti (arrestati dal dr Palatucci), l’azione partigiana dei finanzieri dopo l’8 settembre 1943.
Secondo il Centro cit. questi testi non sono da ritenere attendibili.
Il confine tra Italia e Jugoslavia dal 1924 al 1947. Si tratta di un ponte
posto sul fiume Eneo
La testimonianza di Rodolfo Grani
Nel 1952, un ebreo già residente a Fiume, raccontò in Israele la propria storia. Si chiamava Rodolfo(Rezso) Grani (Granitz), nato a Gyor (Ungheria) il 10 ottobre del 1885. Questo ragioniere svolgeva il lavoro di rappresentante di commercio. In alcuni scritti pubblicati a Tel Aviv161riferì riguardo al precedente internamento a Campagna. Ricordò interventi dei Palatucci (nipote e zio vescovo) a favore di alcuni ebrei. Fornì indicazioni sull’interazione tra Giovanni Palatucci e il vescovo di Fiume, mons. Ugo Camozzo (1892-1977).162
Un’altra immagine storica del ponte sul fiume Eneo
La ricerca storica su mons. Camozzo
L’intesa tra mons. Camozzo e il dr Palatucci (le carte di merito sono depositate negli Archivi diocesani di Rijeka, Pisa e Napoli) trova riscontro anche in due lettere che Camozzo indirizzò al vescovo Palatucci.163
La prima è datata 11 luglio 1945. Ecco il testo: «Eccellenza Reverendissima, soltanto ora sono in grado di darLe notizie del Dr. Palatucci, Commissario di P.S. a Fiume. Purtroppo esse sono dolorose. Fu trasportato, non ricordo esattamente quando, nel campo di concentramento di Dachau (Baviera) e di là ebbi sue notizie. Pochi giorni fa però tre rimpatriati da quel campo vennero da me. Chiesi ad essi notizie del caro Dottore ed uno mi assicurò che egli è deceduto a Dachau. Non ebbi altra possibilità di controllo e di conferma, solo il fatto che egli dimostrava di conoscerlo personalmente. Neppure sulla veridicità della persona potei indagare perché era di passaggio da me e prima non l’avevo conosciuto. Sono convinto che il buon Dr. Palatucci è stato internato, perché vittima del suo buon cuore per cui non mancava di aiutare quanti poteva, specialmente se oppressi dalle leggi razziali.Egli ha lasciato un ottimo ricordo a Fiume che serva riconoscenza per lui (…)».
Il vescovo mons. Ugo Camozzo
In una seconda lettera (30 agosto 1945), Camozzo trasmette altri dati: «Eccellenza Reverendissima, Come ho già comunicato il Dr. Palatucci Giovanni è stato internato dai Tedeschi a Dachau, credo perché aveva cercato di mitigare l’asprezza delle disposizioni antisemitiche. Ebbi di lui notizia dal campo di concentramento, perché eravamo in ottimi rapporti. Poi silenzio. Per essere completo devo dolorosamente aggiungere a V. E. che alcuni prigionieri reduci furono di passaggio da me ed uno di essi affermò che il Dott. Palatucci era deceduto nel campo di Dachau. Non ho altri dati, né conosco la persona che fa tale dichiarazione. Purtroppo però ho avuto l’impressione che la notizia fosse vera. Il Dr. Palatucci ha lasciato ottimo ricordo di Sé a Fiume. In un tempo tanto difficile Egli ha saputo aiutare tanti infelici ed io stesso esperimentai164la sua umana comprensione di tante sofferenze e cristiana carità (…)».
Niels Sachs de Grič
Esiste anche la testimonianza di un avvocato, il barone Niels Sachs de Grič(1892-1975), ebreo fiumano, di origine ungherese.165Fu il legale di fiducia della Curia vescovile di Fiume. Aveva il suo studio in via XXX Ottobre n. 17. Nelle sue dichiarazioni ha confermato l’esistenza di contatti tra il dr Giovanni Palatucci e il vescovo Camozzo. In una lettera indirizzata al vescovo Giuseppe Maria Palatucci (25 settembre 1952) riporta una significativa frase del dr Giovanni Palatucci: “Vogliono farci credere che il cuore sia solo un muscolo, e ci vogliono impedire di fare quello che il cuore e la nostra religione ci dettano”.166
Una sottolineatura
Nel contesto fin qui delineato, può essere utile evidenziare un fatto. Ogni ricerca storica richiede valutazioni ponderate. I testimoni sopra cit.dimostrarono una linea morale mai contestata nel tempo da terzi. Dalle affermazioni a favore di Palatucci non ricavarono benefici. Mettere, quindi, in dubbio le loro parole potrebbe rivelare una rigidità mentale, con possibile deriva di intolleranza. Unitamente a ciò, non devono essere trascurati vari interventi ebraici a favore di Palatucci. Tra questi, quelli di Elia Sasson, ambasciatore d’Israele a Roma (1953), dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia (1955), dell’avv. Paolo Santarcangeli (1987)167, di Adolfo Perugia, di Anna Foa, et al.
Le evidenze
A ben vedere, le testimonianze di chi operò con Palatucci per tentare di salvare delle vite umane, convergono su taluni punti-chiave. Sono agli atti, ad esempio, le dichiarazioni di più persone di fede ebraica.
˗Elena Ashkenasy Dafner Rehov e parenti (Yad Vashem; istruttoria su Palatucci; Archivio Dipartimento Giusti, file n. 4338). Testimonianza autografa. Il documento è datato 10 luglio 1988. Fu redatto a Tel Aviv.168
-Rozsi Neumann: testimonianza in ‘Israel’, n. 39, 18 giugno 1953; lettera del 26 giugno 1953 a mons. Palatucci: «(…) anch’io e mio marito apparteniamo a quei ebrei che sono stati tanto aiutati da questo veramente nobilissimo uomo».
˗Salvator Konforti (cognome poi cambiato in Italia in Conforty), ebreo sefardita, di radici spagnole, e Olga Hamburger, askenazita, dell’Est Europa. Erano i genitori di Renata Conforty. Questa, a 71 anni, ha ripetuto la sua testimonianza nel 2013.
˗Berger (famiglia). Sull’interazione tra queste persone e Palatucci, esiste, tra l’altro, un contributo del ricercatore Aldo Viroli: Palatucci e la famiglia Berger. Un po’ di chiarezza sulla vicenda di un gruppo di ebrei fiumanirifugiati in Romagna.
˗Elizabeth Quitt Ferber (1913-2005) e la sorella Anna. Racconta Elizabeth: «(…) con nostro stupore, ci indicò una serie di località da raggiungere come internati liberi. Alla fine la nostra scelta cadde su Sarnico, sul lago d’Iseo, e il dott. Palatucci ci assicurò che saremmo andati là. Non so come riuscì ad esaudire questa nostra richiesta, fatto sta che noi andammo direttamente a Sarnico. Come noi, ha aiutato una moltitudine di persone».
˗Carlo Selan (ingegnere) e moglie (Lotte Eisner). In una lettera del 21 dicembre 1940 Giovanni Palatucci raccomanda allo zio vescovo di interessarsi e d’intervenire riguardo ad alcuni ebrei che il poliziotto definisce «miei protetti». Tra loro c’è il nome di Carl Selan. Quest’ultimo, nel 1991, scrisse da New York in un articolo: «Tutta la mia famiglia e ognuno che è sfuggito a Hitler e agli Ustascia, ha trovato un porto di serenità in Fiume solamente per la gentilezza e l’ammirabile personalità di Giovanni. Se non fosse stato per lui, ben pochi avrebbero potuto rimanere vivi oggi».169
La Shoah ungherese
Attraverso il databasedello Yad Vashemè possibile digitare ‘Salerno’ (o ‘Altavilla’). Appaiono 32 nomi di ebrei. Altri nomi, inoltre, sono presenti in una serie di documenti conservati presso gli archivi dello stesso Centro. La località di nascita riportata dalle schede e nei documenti è Altavilla Silentina. Come dimostrato dallo storico della ShoahNico Pirozzi, quelle persone facevano parte della Comunità ebraica di Lenti (Ungheria). Quest’ultima, contava 52 individui in tutto (i restanti figurano anch’essi, purtroppo, tra le vittime della Shoah; per trovare i loro nomi digitare ‘Lenti’ nel database). Pirozzi documenta come fossero stati Giovanni Palatucci e lo zio vescovo a sostenere il piano di salvataggio degli ebrei di Lenti. Attraverso Remolino (cit.), mons. Giuseppe Maria Palatucci fece pervenire al nipote diversi (non si conosce il numero esatto) certificati di nascita e di residenza trafugati dal municipio di Altavilla Silentina (Salerno). I documenti pervennero (tramite un altro corriere) alla Comunità ebraica di Lenti, che (nella primavera del 1944) tentò di utilizzarli per raggiungere Fiume. Il progetto fallì. I nazisti arrestarono gli ebrei della cittadina ungherese, la maggior parte dei quali fu eliminata ad Auschwitz-Birkenau. In base alle procedure di interrogatorio (con tortura) dei nazisti, è probabile che il nome del vice-commissario aggiunto di Fiume sia emerso proprio in seguito agli arresti avvenuti a Lenti.
L’archivio di Yad Vashem
Nell’Archivio di Yad Vashemsono pure conservate le schede di ebrei ungheresi che risiedevano in città diverse da Lenti, muniti dei certificati contraffatti dai Palatucci e purtroppo deportati nei lager. Per esempio: Izso Eppinger, viveva a Nagykanizsa; Arpad Deutsch, abitava a Zalaegerszeg; Jolan Rosenberger, risiedeva a Papa. In tale contesto, tenuto conto che l’operazione ‘Altavilla Silentina’ si svolse in diverse località ungheresi, ci si chiede se in alcuni casi essa abbia ottenuto il risultato che i Palatucci speravano. Un punto, però, rimane evidente. Alcuni ebrei ungheresiraggiunsero realmente la località di Altavilla Silentina, passando per il campo di internamento di Campagna, ove operava mons. Palatucci. Lo attesta il ricercatore Oreste Mottola nel libro I paesi delle ombre.Il testo è basato su documenti conservati nell’Archivio Storico della Biblioteca Civica di Altavilla Silentina. Se è vero che numerose richieste di espatrio in Sud America (e altrove) non andarono a buon fine, altre ˗ invece ˗ consentirono agli ebrei di Campagna e di Altavilla di sottrarsi alle persecuzioni. Lo stesso Centro ‘Primo Levi’ ha riconosciuto che le vicende di Altavilla Silentina sono complesse e necessitano di ulteriori approfondimenti.
Il vescovo Giuseppe Maria Palatucci
La linea del Centro ‘Primo Levi’, che nega azioni del reggente a favore degli ebrei, delegittima pure la testimonianza dello zio vescovo. Però, il carteggio tra mons. Palatucci e le autorità del tempo (1276 lettere), unitamente a quello con il nipote, attesta come vari ebrei, facilitati dal dr Palatucci a raggiungere Campagna, furono poi aiutati in loco, e aiutati ad affrontare il viaggio verso il Sud America (lettere di raccomandazione firmate dal vescovo).170In tale contesto, riveste un rilievo non debole una lettera di Giovanni Palatucci indirizzata allo zio, datata 21 dicembre 1940. Si riporta il testo:
«Carissimo zio, Vi scrivo, come al solito in fretta. Gradirei notizie della pratica per il mio richiamo. Vi mando delle scarpe da far pervenire a casa alla prima occasione. Per quanto riguarda i miei protetti, la situazione è la seguente: 1. Ermolli Adalberto ha presentato domanda di trasferimento in un comune della provincia di Perugia, Pesaro o Chieti. Credo che lo interessi Chieti e in questo senso si è già interessato. Per lui sarà quindi il caso d’interessarsi solo se Voi abbiate la possibilità di intervenire ugualmente in modo efficace per gli altri, diversamente, non è opportuno sciupare delle possibilità che potrebbero essere utilmente impiegate, per questo vi ricordo i nomi: 2. Braun in Eisler Dragica (Carolina) e figlia, Eisler Maria: nipote. Jurche Nak. Selan ing. Carlo e moglie. Eisner Lotta con due bambine. Essi puntano alla provincia di Perugia o Pesaro. A me interesserebbe una destinazione in tali province, perché penso che Voi mi farete pervenire, a suo tempo, una raccomandazione per il vescovo del luogo, o chi per lui, che potrebbe agevolarvi sia presso la questura per una buona assegnazione nell’ambito della provincia o per una buona sistemazione, magari grazie all’interessamento a mezzo parroco. Per il momento, occorre appoggiare nel più efficace dei modi la loro domanda, che verrà presentata fra qualche giorno.
Io Vi informerò tempestivamente, e Voi vorrete, poi, interessare qualcuno, perché segnali la cosa nel migliore dei modi alla questura. L’Ermolli l’ha già presentata ed io ho già scritto oggi, ma la lettera partirà fra qualche giorno. Per quanto riguarda lui, se Voi avete la possibilità di interessare persona diversa da quella che interesserete per gli altri, fate pure, diversamente evitiamo di danneggiare tutti nel desiderio di tutti aiutare. Vi ringrazio per l’assistenza che mi prestate per un’opera di bene (…)».
Importanti carte di mons. Palatucci sono conservate nella ‘Biblioteca Fra Landolfo Caracciolo’, San Lorenzo Maggiore (Napoli), e presso l’Archivio Segreto Vaticano.
L’arresto e la deportazione
Un punto sottolineato dal Centro ‘Primo Levi’ riguarda il motivo dell’arresto e della deportazione di Palatucci. In particolare, viene indicato il testo di un telegramma del tenente colonnello Herbert Kappler, ove si comunica l’arresto di Palatucci per avere mantenuto contatti con il servizio informativo nemico. Tale espressione, a ben vedere, non si inoltra in dettagli e non fa riferimento a eventuali documenti ‘proibiti’. Unitamente a ciò è da ricordare che dopo il 3 settembre 1943 (‘armistizio’ di Cassibile; inizio occupazione tedesca), gli ebrei furono definiti nel Manifesto di Verona ‘stranieri e nemici’. Palatucci, nel periodo della R.S.I., interagiva con la DELASEM(testimonianza di Sorani). Nella primavera del 1944 aspettava gli ebrei della Comunità di Lenti (Ungheria), muniti di falsi certificati (risultavano nati ad Altavilla Silentina). Per quelle azioni (e altre), il poliziotto di Fiume era colpevole, nell’ottica nazista, di un’interazione con il nemico.
La questione del numero dei salvati
Esiste, in ultimo, una questione sollevata dal Centro ‘Primo Levi’ con riferimento al numero degli ebrei salvati dal dr Palatucci. Al riguardo, più studiosi (Ballarini, Bon, Coslovich, Pizzuti …) hanno cercato, prima di tutto, di individuare il numero di ebrei residenti e non residenti nell’area fiumana negli anni delle persecuzioni razziali.
1938: anno dell’entrata in vigore delle leggi razziali, a Fiume c’erano 1514 ebrei, di cui 300 stranieri.171Si trattava del 2% (circa) della popolazione. I dati statistici del censimento del 22 agosto 1938 posero le basi per le campagne antisemitiche già in atto e furono una tappa fondamentale per le persecuzioni razziali.
1939: la storica prof.ssa Silva Bon (2004, 2005) ha accertato l’allontanamento dal lavoro di ebrei già dal 1939, tanto che almeno 350 persone abbandonarono il territorio della provincia del Carnaro. Quelli rimasti cercarono ancora di far funzionare le strutture di una volta e sostituire quelle negate in seguito alle leggi razziali come la frequentazione della scuola: nell’anno scolastico 1938-1939 un Istituto Autonomo di Istruzione Media mantenne tutti i corsi delle varie scuole medie e quelli delle scuole di avviamento.
1940: il 22 giugno di quest’anno, il prefetto Temistocle Testa (cit.),con il questore Vincenzo Genovese (cit.) dispose l’arresto degli ebrei considerati stranieri.
1941: a Fiume, Abbazia e Laurana il numero delle persone considerate ebree ammonta a 1362.
1943: alla caduta del fascismo (25 luglio), alcuni degli ebrei fiumani che si trovavano in Italia centro-meridionale sperarono di poter ritornare nelle proprie case finalmente liberi, ma l’illusione fu di breve durata.
1944: con la distruzione della Sinagoga fiumana in via Pomerio 31 (25 gennaio), a cui seguì (due settimane dopo) l’azione dei finanzieri per accertare la loro presenza e il patrimonio di quelli rimasti, ebbe inizio il pogromdegli ebrei di Fiume. Furono deportate 243 persone (la stragrande maggioranza di queste transitate per San Sabba e da qui deportate ad Auschwitz), delle quali fecero ritorno solo 19. Altre 96 furono arrestate in altre province italiane e finirono nei campi di sterminio, dove si salvarono 16, mentre 7 morirono in stato di detenzione. Su oltre settanta ebrei mancano informazioni precise.
1945: dal Litorale Adriatico, sottoposto all’autorità tedesca, l’ultimo treno della morte partì il 24 febbraio 1945.
Fine ostilità
La triste dimensione nota ˗ i dati rimangono frammentari ˗ della Shoahfiumana è, dunque, di 412 deportati e 380 vittime, tra cui trenta bambini, alcuni di pochi mesi, i più grandi di 14 anni. Alla cifra di 380 era giunto nel 1999 Amleto Ballarini, presidente della Società di Studi Fiumani con il suo libro dal titolo: Il tributo fiumano all’Olocausto.
Le variabili di flusso
Con riferimento a quanto cit., è necessario evidenziare anche delle variabili. Circa 1200 ebrei fiumani, tolti dagli internati in Italia, avrebbero abbandonato volontariamente il territorio tra il 1938 e il 1943. Di contro, tra il 1941 e il 1943, vi fu un’immigrazione dalle zone dei Balcani e dell’Europa centrale occupate dai nazisti, dove le leggi razziali venivano applicate in modo rigorosissimo. Molti ebrei, ad esempio, fuggivano dalla Croazia, e cercavano a ogni costo di arrivare a Fiume, per lo più in barca. La città, del resto, era crocevia anche “legale” di ebrei internandi, diretti verso l’Italia. Secondo la testimonianza di Arminio Klein172, presidente della Comunità ebraica di Fiume, sopravvissuto all’Olocausto, sedici persone di origine ebraica superarono la guerra a Fiume. Alla fine del conflitto gli ebrei fiumani sopravvissuti alla tragedia della Shoah, contrariamente a quanto avveniva nelle altre comunità ebraiche d’Italia, non poterono far ritorno alle loro case perché tutta la provincia del Quarnaro era stata nel frattempo occupata dalle truppe del maresciallo Tito e annessa alla Jugoslavia. Qualcuno tentò di far ritorno in zona per cercare di recuperare i beni abbandonati, ma sparì dalla circolazione, e non se ne seppe più nulla.
In tale contesto, rimane significativo un dato: tra il 1938 e il 1943, oltre ai profughi stranieri, lasciarono l’Italia altri seimila cittadini ebrei italiani individualmente o per famiglie, in cerca di Paesi più accoglienti (Stati Uniti, America meridionale, terra d’Israele). Ciò avvenne sotto la forte pressione di una persecuzione burocratica e di un’intensa propaganda antiebraica della stampa.
Il calcolo, in definitiva, degli ebrei che furono aiutati (in più modi, e da diverse persone e organismi di assistenza anche ebraica) a fuggire dalle persecuzioni può essere elaborato tenendo conto:
-dei flussi sopra cit. (emigrazione),
-e di quelli che consentirono a un numero significativo di ebrei di trovare riparo nella penisola italiana.
L’apporto del dr Palatucci
Dalle testimonianze raccolte negli ultimi decenni, e pubblicate in più studi,il contributo offerto dal dr Giovanni Palatucci a Fiume in difesa degli ebrei, si articolò essenzialmente su alcune linee operative: 1] omissioni nell’applicazione di norme (es. registri non in regola, per i quali subì una nota di biasimo; ritardi nel rispondere alle informative di altre Questure, in merito al rintraccio di intere famiglie ebraiche che al momento erano ricercate); 2] trasmissione di dati informativi a ebrei in fuga, mirate a evitare situazioni a rischio; 3] presentazioni di ebrei a interlocutori amici; 4] coperture di varia natura, inclusa la consegna di documenti non autentici (permessi di transito e passaporti); 5] ideazione di itinerari di salvezza con il supporto di terzi.
Sorani (numero dei salvati)
Sul tema degli ebrei salvati, esistono poi alcuni dati che vennero forniti da Settimio Sorani (cit.). Egli indicò un ‘canale fiumano’. Fece il nome del dr Palatucci. Collegò quest’ultimo a un’opera di protezione degli ebrei. Annotò pure un risultato: cinquemila ebrei salvati. L’autore volle fare un esplicito riferimento a Fiume e a Palatucci perché a Trieste esistevano altri referenti.173Emergono in tale contesto alcune evidenze sottolineate da Sorani: 1] nel periodo bellico Fiume era una città di confine; 2] i numeri dei salvataggi indicati da Sorani sono legati in massima parte a una stima sugli ebrei in fuga dal regime degli ustaše; 3] Sorani, nel dare conto di 12.200 profughi ‘controllati’ e trattenuti in campi posti nel territorio ove erano presenti truppe italiane al di là del confine (sfuggiti alle persecuzioni, e in parte salvati), ha scritto che «debbono aggiungersi un numero indeterminato di persone non registrate perché entrate in Italia illegalmente senza regolari visti d’ingresso»; 4] la porta d’ingresso in Italia era Fiume, dove il responsabile dell’ufficio stranieri, «provvedeva ad allontanare alla chetichella gli ebrei stranieri che avrebbero dovuto essere arrestati e deportati».
Una quantificazione? (numero dei salvati)
Sulla base delle ricerche effettuate, e tenendo conto anche degli studi realizzati da più storici (e da singoli autori a vario titolo), non sembra possibile indicare un numero esatto di salvati (direttamente o indirettamente) dal dr Palatucci. Questi ci furono (esistono testimonianze non deboli), ma insistere sul voler divulgare dei totali ‘sicuri’ rimane un percorso accidentato. Probabilmente, la testimonianza di Raffaele Cantoni e quella di Sorani ˗ legate al numero di salvati da Palatucci ˗ intesero fornire dati di orientamento (propendendo per ‘un alto numero’) e non risultati di rigorose sommatorie.
Qualche annotazione di sintesi
1] Con le informazioni ritrovate negli archivi italiani e in quelli esteri, pare difficile sostenere la tesi che Giovanni Palatucci non fu un ‘Giusto’. Lo stesso Memoriale dell’Olocausto Yad Vashemha confermato, nel febbraio del 2015, il titolo di ‘Giusto tra le Nazioni’ all’ex reggente la Questura di Fiume (comunicazione dell’architetto David Cassuto174, membro della presidenza).
2] Inoltre, dall’Archivio Centrale dello Stato sono state individuate alcune significative relazioni del reggente ai superiori (alcune scritte poco prima dell’arresto) attestanti una non debolezza in Palatucci. Si possono leggere al riguardo le missive trasmesse al consigliere germanico per la provincia del Carnaro Carlo Paknek (9 maggio 1943) e p.c. al prefetto di FiumeAgostino Podestà175; al capo della Polizia Tullio Tamburini (10 maggio 1943; sede: Maderno)176; al capo della Polizia Eugenio Cerruti (26 aprile 1944) e p.c. al Ministero dell’Interno (cit.). Leggendo questi testi si avverte allarme e disgusto per gli avvenimenti in corso, ci sono giudizi molto severi sul prefetto e sui tedeschi, c’è concreta attenzione per i propri sottoposti, si manifesta amore per l’Italia.
3] Significativa è anche la missiva inviata da Palatucci (6 giugno 1944) al ten. colonnello Giuseppe Porcù, comandante della Milizia territoriale fiumana.177Il cit. ufficiale aveva organizzato un’ispezione per mettere in difficoltà il reggente (da appena due mesi) della Questura.178Quest’ultimo reagisce e si difende. Scrive tra l’altro: “In materia di dirittura morale io rendo conto alla mia coscienza che è il più severo dei giudici immaginabile, e se necessario ai miei superiori gerarchici. E (a) nessun altro…”.179Tale scritto denota fermezza e capacità di replica, punto per punto, a delle accuse. Nel contesto drammatico di quel momento, lo scritto dimostra che Palatucci non ha paura davanti a Porcù. Il capo della Milizia fascista, infatti, aveva promosso una violenta campagna denigratoria contro carabinieri e poliziotti. Dopo aver ottenuto la possibilità di svolgere i compiti di polizia politica in collaborazione con la Gestapo, intendeva acquisire dai tedeschi il monopolio nella gestione dell’ordine pubblico. Porcù ottenne prima il trasferimento di una decina di poliziotti all’ufficio della Milizia. In seguito, riuscì a far arrestare alcuni ufficiali dei carabinieri.180Nell’estate del 1944 arrivò lo scioglimento dell’Arma dei Carabinieri.
Percorsi per nuove ricerche
A questo punto, tenendo conto di quanto in precedenza annotato, si possono forse sviluppare ulteriori approfondimenti su:
1] i flussi dei profughi; le azioni politiche clandestine inerenti Fiume e l’area circostante;
2] i canali resistenziali posti in essere da gruppi di oppositori (includendo anche coloro che fabbricarono documenti falsi);
3] le reti sotterranee di solidarietà, intraed extraFiume;
4] il numero dei salvati, alla luce di ciò che oggi si può acquisire (sugli spostamenti clandestini, non registrati in alcun documento, sarà sempre difficile conoscere i dettagli);
5] il numero dei tentativi non riusciti mirati a salvare ebrei;
6] il numero delle persone eliminate perché considerate vicine alle comunità ebraiche;
7] le informative dello spionaggio nazista, di quello della R.S.I., di quello Alleato, di quello titoino; le figure di specifici collaborazionisti, di delatori.
Ma oggi, discutere su dati che rimangono comunque parziali (non tutto è documentato, molti atti si sono persi, i testimoni del tempo sono morti…) ha senso? Sì, se ciò consente: di evitare il trionfalismo, l’enfasi, la retorica, la mitizzazione; di accantonare i particolarismi; di rispettare maggiormente il metodo storico.
Rimane, comunque, un’esigenza. Quella di passare da una logica di morte (persecuzioni di regimi totalitari) a una prospettiva di vita (costruzione di un mondo nuovo). Quella, cioè, di transitare, tenendo conto delle tante voci che provengono dalla Shoah, verso progetti di vita in grado di rompere steccati, e di sfondare barriere. In tale contesto, il termine resistenza rimarrà sempre attuale. Perché sempre attuale resterà l’esigenza di dire no a ogni forma di violenza. Da qualsiasi parte questa provenga.
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Fonti (oltre quelle cit. nelle note)
https://it.gariwo.net. “Giusti tra le nazioni di Yad Vashem”. Giovanni Palatucci 1909-1945. Approfondimenti su Gariwo. “Commissione di studio sulla figura e l’operato di Giovanni Palatucci 2 aprile 2015 [documento].
Nuove testimonianze
Elvio Bombonato, Riflessioni personali di un profugo giulianoin: ‘Alessandria news’, 16.2.2017. http://www.alessandrianews.it/opinioni/riflessioni-personali-profugo-giuliano-143392_p.html.
(nello scritto consegnato al quotidiano di Alessandria l’A. ricorda anche l’interazione tra il padre e il dr Palatucci a favore degli ebrei).
Ringraziamenti
Prof. P. Peter Gumpel S.J., Storico della Chiesa. Prof. Roberto Spazzali, Studioso dell’età contemporanea nella Venezia Giulia (Trieste). Dott. Nikica Bari
, Istituto Croato di Storia (Zagabria, Croazia). Colonnello Filippo Cappellano, Capo Ufficio Storico, Stato Maggiore dell’Esercito, V Reparto Affari Generali (Roma). Dott. Vignato, Archivista e Storico, Ufficio Storico dell’Esercito (Roma). Prof. Franco Cecotti, già presidente dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione (Friuli Venezia Giulia), vicepresidente dell’Aned di Trieste (Trieste). Prof.ssa Annamaria Casavola, attualmente ricercatrice presso il Museo della Liberazione di Roma e presso l’Associaz. Naz.le ex Internati nei Lager Nazisti (Roma). Maggiore Gerardo Severino, Direttore Museo Storico e Comandante Centro Studi Storici e Beni Museali, Quartier Generale Guardia di Finanza (Roma). Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, sezione di Trieste (Trieste). Prof. Marco Coslovich (Trieste). Prof.ssa Anna Pizzuti (Sora). Prof.ssa Rina Brumini (Fiume-Rijeka). Prof. Carlo Spartaco Capogreco, Docente di Storia Contemporanea presso l’Università della Calabria, Presidente della Fondazione Ferramonti (Lecce). Prof. Michele Sarfatti, Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Milano).Prof. Mihály Szentmártoni, Pontificia Università Gregoriana.Colonnello Alessandro Della Nebbia, Dirigente Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri.
NOTE AL TESTO
1Presieduta dal prof. Pier Luigi Guiducci (storico della Chiesa, Università Lateranense, Roma), la Commissione ha accolto in modo progressivo contributi di studiosi operanti in Italia e di referenti scientifici di più Paesi (Israele, Germania, Croazia, Serbia, Regno Unito, Svizzera, USA …).
3Cf ad es.: P.L. Guiducci, Giovanni Palatucci e il mistero del carcere, in: ‘L’Osservatore Romano’, 18 marzo 2015. P. Spirito, Nuovo dossier su Palatucci: “È stato un Giusto”, in: ‘Il Piccolo’, (Trieste) 21 aprile 2015. Redazione,Palatucci. Terminati a Roma i lavori della Commissione di studio, in: ‘Avellino’, 19 marzo 2015.
5Un esempio: P. Sabbetta, La resistenza negata degli eroi dimenticati, Il Castello Edizioni, Foggia 2007.
7Govoni, Guidoni, Pisino, Lombardi, Sabatini furono traditi dal sottotenente delle SS italiane Mauro De Mauro, infiltrato in qualità di delatore in ‘Bandiera Rossa’ dai nazifascisti.
8Testimonianza di Giovanni Heimi Wachsberger, arrestato il 15 aprile con la madre per delazione di Plech (“peraltro non ebreo”). Cf : A. Scalpelli (a cura), San Sabba. Istruttoria e processo per il Lager della Risiera. Volume secondo. ‘I documenti’, Mondadori, Milano 1988, p. 76.
11Si ricordano, ad esempio, le iniziative del funzionario dell’ufficio stranieri della questura di Roma Angelo De Fiore; le azioni umanitarie di alcuni podestà (carica simile a sindaco, non elettiva ,ma di partito) di piccoli comuni come Ercole Piana, podestà di Bard, Francesco Garofano, podestà di Grognardo, Roberto Castracane, podestà di Villa Santa Maria, Vittorio Zanzi, commissario prefettizio a Cotignola, Giacomo Bassi, segretario comunale a Canegrate. Non si dimenticano poi i casi di carabinieri che corsero ad avvertire le prossime vittime di un imminente arresto come nel caso del maresciallo Enrico Sibona a Maccagno o Carlo Ravera ad Alba, o del maresciallo Osman Carugno, che a Bellaria aiutò un notevole gruppo di ebrei iugoslavi a trovare un rifugio.
12Con poche eccezioni. Ad es.: verbali riguardanti persone che proteggevano ebrei, arrestate su delazione; schede dell’Istituto Memoriale Yad Vashemdi Gerusalemme (“Giusti tra le Nazioni”); memorie raccolte dai comitati provinciali dell’ANPI.
13Cf ad esempio l’Archivio dell’Istituto Croato di Storia, sito a Zagabria (Croazia). Al riguardo: trasmissione di dati storici riguardanti Fiume (1943-1945) a firma del dr Nikica Baric. Missiva trasmessa il 4 marzo 2019 al prof. Pier Luigi Guiducci. Archivio prof. Guiducci, Fondo Giovanni Palatucci. Fascicolo 2.
14Ad es. con rif. a Fiume: Un diario – http://www.isses.it/diario4occhi.htm. Sul prefetto Temistocle Testaè utile il sito: http://www.montesole.eu/cms/eventim/2-non-categorizzato/229-don-fornasini-testa.html.
15Sezione Z (amministrazione centrale; Coblenza, Berlino), Sezione R (Germania nazista; Berlino), Sezione MA (Wehrmacht e Waffen-SS;Friburgo in Bresgovia).
17Dott. Rodolfo Buzzi (1881-1938). Fu commissario all’estero (prima al consolato di Marsiglia, quindi a quello di Tunisi). Dal luglio 1935 è questore di Genova dove si occupa principalmente di reati politici.
18Dott. Umberto Albini (1895-1973). Politicamente vicino a Italo Balbo. Prefetto di Genova dal 1933.
25Fonte: Lettera del Dott. Giuseppe Reina, Presidente del Circolo Svizzero di Trieste al prof. Pier Luigi Guiducci, Datata 15 febbraio 2019. Archivio prof. Guiducci, fascicolo ‘Giovanni Palatucci’.
26Cf anche: Aurelia Gruber Benco (a cura), ‘Antologia di Umana, rivista di politica e di cultura, 1951-1973’, Edizioni di ‘Umana’, Trieste 1986, p. 59.
27Cf anche: Fondazione Memoria della deportazione. Biblioteca Archivio ‘Aldo Ravelli’. Fondo: Aned. Serie: Documentazione. Sottoserie: Informazioni ed elaborati su deportazione, fascismo e Resistenza. Fascicolo: Memorie su Giovanni Palatucci. Busta 317. Fasc. 280. Note di Teodoro Morgani sull’attività antifascista e sulla morte nel Campo di concentramento di Dachau di Giovanni Palatucci.
28Come risulta dal riscontro della Prefettura di Fiume alla lettera riservata del 4 agosto 1938 XVI, n. 308/38, della Regia Procura di Fiume.
29Cf anche: P. Santarcangeli, Avventure e disavventure in tempo di guerra di un giovanegiuliano ebreo e fiumano per giunta, Del Bianco Editore, Udine 1987, p. 44ss.
32P. Vanzan, Giovanni Palatucci, in: ‘La Civiltà Cattolica’, 2000 III, quaderno 3602, p.124, nota 8.
33Il provvedimento di ‘internamento libero’ implicava l’isolamento e il soggiorno coatto in un comune stabilito in precedenza. Chi subiva tale misura era sottoposto a controllo e a limitazione della libertà personale. Era comunque ritenuto meno pericoloso di altri oppositori del regime fascista. I podestà e i prefetti facevano sorvegliare continuamente gli internati liberi. Permaneva l’obbligo di firmare ogni giorno il registro presenze presso la stazione dei carabinieri.
34Nel febbraio 1938 divenne prefetto di Fiume il dr Temistocle Testa (nato nel 1897 – morto suicida nel 1949). Cessò di ricoprire tale ruolo il 24 gennaio 1943. Fu sostituito dal dr Agostino Podestà (che resterà a Fiume pochi mesi). Gli subentrerà il dr Pietro Chiarotti (fino all’8 settembre 1943).
35Ante Pavelić (1889- 1959).Su questa figura cfanche: P.L. Guiducci, Dossier Stepinac, Albatros, Roma 2018. Tutte le citazioni sono indicate a p. 448.
36Cf anche: G. Fresolone-M. Naimoli (a cura), Giovanni Palatucci e gli ebrei internati a Campagna. Memorie, rappresentazioni e nuove ricerche, EDUP, Roma 2017.
41F. Falk, Le comunità ebraiche di Fiume ed Abbazia nel periodo 1915-1945 e le vicissitudini che hannoportato alla loro completa dispersione dopo la fine della seconda guerra mondiale, Litos, Roma 2012.
44F. Falk, op. cit., cf cap.: ‘Le comunità ebraiche’.Frasi significative sono state evidenziate in grassetto.Si veda anche: https://www.bh.org.il/jewish-spotlight/fiume/.
45Paolo Santarcangeli nacque a Fiume nel 1909. Morì a Torino nel 1995. Fu avvocato, docente universitario e scrittore. Studioso della lingua e della letteratura ungherese. Fondò nel 1965 la Cattedra di Lingua e Letteratura Ungherese dell’Università di Torino.
47Includevano il retroterra fiumano con Zaule della Liburnia, la costa da Sušak a Buccari e, sul lato orientale del Carnaro, le isole di Veglia e Arbe con gli isolotti adiacenti.
49M. Bianco – A. De Simone Palatucci, Giovanni Palatucci, La Scuola di Pitagora Editrice, Napoli 2013,p. 291.
53S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland. Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana durante l’occupazione tedesca 1943-1945, Istituto friulano di storia del movimento di liberazione, Udine 2005.
54Si trasferì in Austria nel 1918. Nazista della prima ora. GiàGauleiterdi Vienna dopo
l’Anschluss. Protetto da Himmler (questi, dal grado di sottotenente lo promosse f a quello di generale). Ebbe il compito di catturare gli ebrei, con deportazione nei lager di sterminio. campi di sterminio). A tal fine costituì (ottobre 1943) l’Einheitr ‘R’, già operante ai suoi ordini nel campo di sterminio di Treblinka (100 uomini ca. in gran parte ucraini). Il comando aveva sede nella risiera di San Sabba.
55
L’operazione Reinhardt(‘R’) era il nome in codice dato dai nazisti al progetto di sterminio degli ebrei in Polonia. Si trattò della fase iniziale dell’olocausto. Anticipò l’uso dei gas ad Auschwitz.
61
Relazione del Comando Compagnia Speciale della Gnr, in: B. Gariglio (a cura), ‘Cattolici e Resistenza nell’Italia settentrionale’, Il Mulino, Bologna 1997, pp.176-177.
62
Simile espressione si trova solo in questa missiva. Probabilmente Palatucci era consapevole del fatto che da un momento all’altro gli poteva succedere un qualcosa di tragico.
63
Bianco-Palatucci, op. cit., pp. 301-302. In grassetto sono state evidenziate due sottolineature significative.
64
M. Sobolevski, Fiume, una storia complessa, in: Società di Studi Fiumani, ‘Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947)’, a cura di A. Ballarini e M. Sobolevski, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2002, p. 168.
65
Fonte: Fiume, 3 maggio 1945 – 3 maggio 1995. Piccolo libro bianco di una grande ingiustizia, a cura del prof. Claudio Schwarzenberg, sindaco del Libero comune di Fiume in esilio, e di Amleto Ballarini, presidente della Società di studi fiumani, Società di studi fiumani – Libero comune di Fiume in esilio, Roma 1995.
66
Il 31 marzo 1941, con ordine del prefetto Temistocle Testa, le maestranze del silurificio, con le attrezzature più importanti vennero trasferite a Livorno. Ciò che rimase fu decentrato in località più interne (Valvasone e Fiume Veneto).
70
Cf anche: R. Pupo, Fiume città di passione, Laterza, Bari-Roma 2018, cap. 4, ‘L’estremo lembo della patria’.
73
Archivio Rijeka, Regia Questura di Fiume, fascicolo Dragica Braun in Eisler fu Vilim, Verbale dell’arrivo a Fiume di Dragica Braun in Eisler, 22 gennaio 1942. Nel documento si nota la calligrafia del dr Palatucci. Questi, appone anche la sua sigla (una ‘P’) a fine documento.
Cf inoltre: Id., Regia Questura di Fiume, fascicolo Dragica Braun in Eisler fu Vilim, Minuta manoscritta
della Regia Questura di Fiume al Ministero dell’Interno relativa a Braun Dragica in Eisler – ebrea croata, prot. n. 001314 del 26 gennaio 1942.
74
Elisabeth Quitt Ferber (nata a Fiume; 1913-2005).Con la famiglia si trasferì in seguito in altri territori.
75
Cf anche: G. Preziosi, I “protetti” di Palatucci. Un giusto ricordo, in: ‘La Stampa’, Vatican Insider, documenti, 23 maggio 2015. Id., Palatucci e il villino di via Milano, in: ‘L’Osservatore Romano’, 16 aprile 2014, p. 4
76
Dagli atti del Comune di Serramazzoni risulta che Dragica Braun e la figlia Mika giunsero in quel luogo il 13 agosto 1943. La rete assistenziale a protezione degli ebrei poteva far affidamento anche sul capo di Gabinetto di origini meridionalidella Questura di Modena, dr Francesco Vecchione: nato a San Paolo Belsito (Napoli) il 21 febbraio 1904 e deceduto a Roma il 20 aprile del 1992.
78
G. Raimo, A Dachau, per Amore. Giovanni Palatucci, Dragonetti, Montella 1992, p. 134. Su questo punto cf anche: A. Picariello, op. cit., p. 213.
79
In: Archivio Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea 8 B. Sulla ‘banda Lazzarini’ e i suoi collegamenti con l’OSCAR (‘Organizzazione Soccorso Cattolico agli Antifascisti Ricercati’) cf: Dalla Resistenza. Uomini, eventi, idee della lotta di Liberazione in provincia di Milano, a cura di G. Bianchi, Provincia di Milano, Milano 1975, pp. 119-120. Alcune frasi sono state evidenziate in grassetto per la loro significatività.
80
Carl Selan (nato nel 1900). Ingegnere. Coniugato con Lotte Eisner. Nel 1941 lasciò Zagabria a motivo delle persecuzioni anti-ebraiche e raggiunse Fiume.
82
Ministero dell’Interno, Direzione Generale P.S., Divisione Personale, Divisione F.A.P., Posta da campo 721. Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., Divisione affari generali e riservati – DGPS Div. AA.GG.RR. – anno 1944-1945 (R.S.I.).
85
Teodoro Morgani (1910-1990), nato a Fiume e morto a Genova, di fede ebraica. Il cognome originario era Morgenstern.
87
Bianco-Palatucci, op. cit., p. 349. Si tratta del 3° Rgt. MDT “Carnaro” (61.^ Legione) a Fiume. Globočnik, generale delle SS, era il Capo della Wirtschaft Polizei(WiPo), la Polizia economica.
89
R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1993 (4a ed.).
91
Non è stato ancora ritrovato il verbale dell’operazione. Cf in merito: Bianco-Palatucci, op. cit., pp. 421-423.
93
L’originale del testo è in serbocroato; le barre indicano differenti possibilità di traduzione. Fonte: Rapporto bisettimanale del Dipartimento della Difesa Popolare (OZNA) per l’Istria, sez. I, n. 170, 25 dicembre 1944. In: http://croinfo.net/forum/index.php?topic=101.405.
95
Si rimanda a: P. Santarcangeli, In cattività babilonese …,op. cit.,p. 47. Cf anche la testimonianza di Alberino Palumbo (in: Bianco-Palatucci, op. cit., p. 139).
96
A.L. Jamini, Il salvataggio degli ebrei a Fiume durante la persecuzione nazi-fascista, in: ‘Il Movimento di liberazione in Italia’, n. 37, luglio 1955, p. 47.
97
Fu l’ultimo reggente della Questura di Fiume. Non è esatto, quindi, scrivere che il dr Palatucci fu l’ultimo questore di Fiume.
98
Cf Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DPGS 1944-1946, busta 101, fascicolo 22, sottofascicolo 32.
101
Contava più di 40 mila iscritti specie nei centri di Belém (Pará), Salvador de Bahia, San Paolo e Rio de Janeiro.
103
G. Fazzini, Giovanni Palatucci: la conferma di un martirio, in: AA.VV., ‘Giovanni Palatucci e gli ebrei internati in Campagna…’, op. cit., p. 120. Nel suo scritto l’A. ringrazia la dott.ssa Tanja Jörgensen – Leuthner del Comune di Dachau per i dati riguardanti l’ingresso e la detenzione di Palatucci nel lager.
104
Si ritiene che il c.d. Memorandum Rubini(un documento riguardante anche l’autonomia di Fiume) era già in possesso degli Alleati. Acquisito probabilmente in Svizzera tramite Maria Eisler. A tutt’oggi non è specificato che cosa trovarono esattamente i tedeschi quando perquisirono l’abitazione del dr Palatucci.
105
Giuseppe Gregorio Gregori (detto Bepi Segurin) nacque a Piovene Rocchette (Vicenza) il 10 maggio del 1924.
106
Feliciano Ricciardelli(morto nel 1968). Capo dell’ufficio politico della Questura di Trieste. Era amico e conterraneo di Palatucci (era nato a Montemarano, un paese limitrofo a Montella).
107
Bianco-Palatucci, op. cit., pp. 526-532. Cf anche: G.G. Gregori, Dachau, matricola 117295. Memorie di un deportato, 1943-1945, Grafiche Fabris, Carrè (Vicenza) 1998.
108
Nel 1963 fu eretta sulla collinadi Leitenberg la cappella ‘Regina Pacis’, in memoria degli italiani morti nei campi di concentramento.
111
Dichiarazione riportata nell’articolo di Aldo Viroli: Palatucci e la famiglia Berger, in ‘La Voce di Romagna’, 25 ottobre 2013.
112
http://www.ilgiornale.it/news/mio-pap-poliziotto-nelle-foibe-ucciso-solo-perch-era-1394716.html.
114
Riccardo Gigante(1881-1945) era sposato con una donna ebrea rumena: Edith Ternyei (morta a Roma nel 1981). Fu condotto con altri in direzione di Castua e scomparve.
115
Giuseppe Sincich (soppresso nel 1945). Era un agente immobiliare. Prelevato dalla sua abitazione e ucciso nei pressi a raffiche di mitra.
116
Nevio Skull(1903-1945). Titolare dell’omonima fonderia. Fu trovato ucciso a colpi di pistola.
124
Con riferimento al sostegno ai profughi c’è anche la testimonianza del rabbino Elio Toaff (1915-2015): “(…) All’epoca mi recavo spesso a Fiume e mi stupivo nel vedere quanta solidarietà veniva dimostrata nei confronti dei tanti ebrei che passavano il confine dalla Jugoslavia (…). Cit. E. Toaff in: ‘L’Osservatore Romano’, 11 febbraio 1995.
125
Sui flussi di ebrei in fuga verso Fiume cf anche la testimonianza di Martino Schwarz, di 44 anni, pubblicata a p. 35 nel sito: http://www.istorecovda.it/wp-content/uploads/2017/10/quaderni_3.pdf.
126
Otto Deutsch (1911-1943). Cf al riguardo: M. Shelah, Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti fra l’esercito italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943),Ufficio Storico S.M.E., Roma 1991, 20082,p. 56ss..
128
Lelio Vittorio Valobra (1900- 1976) fu vice-presidente dell’Unione della Comunità Israelitiche Italiane (UCII), e responsabile della Delegazione Assistenza Emigranti (DELASEM). Il 25 novembre del 1943 fu costretto a riparare in Svizzera. Da questo Paese continuò nell’opera di assistenza (anche economica) agli ebrei perseguitati.
129
L.V. Valobra, Relazione sugli aiuti nell’Italia del Nord, in: Unione delle Comunità Israelitiche Italiane – Delegazione Assistenza Emigranti Delasem, riunione di Zurigo, 8-9 aprile 1945, nella sala 201-202 della Comunità Israelitica di Zurigo, Lavaterstrasse 37. Verbale della riunione, p. 47.
130
Al riguardo cf pure: S. Sorani – F. Del Canuto, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1941). Contributo alla storia della Delasem, Carucci, Roma 1983, p. 125.
134
S. Sorani, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1941). Contributo alla storia della Delasem, a cura di A. Tagliacozzo, prefazione R. De Felice, consulenza storica F. Del Canuto, con il contributo del C.N.R., Carucci, Roma 1983, pp. 96-97.
135
Fu poi denunciato dagli Alleati per i crimini commessi quando era prefetto di Fiume e del Carnaro. [ndr]
136
Su questo punto la ricerca storica sta cercando di individuare coloro che aiutarono a falsificare i documenti per aiutare gli ebrei. [ndr]
137
Su questo punto cf anche: G. Bambara, Židov. Il salvataggio degli ebrei in Jugoslavia e Dalmazia e l’intervento della 2^Armata, Mursia, Milano 2017. [ndr]
139
S. Sorani, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia…,op. cit.,pp. 123-125. Il 31 agosto 1977 Settimio Sorani scrisse a Teodoro Morgani (nato nel 1910 a Fiume, di religione ebraica): “… se (Palatucci) fosse stato ebreo e avesse salvato i correligionari, non avrebbe fatto nulla di speciale. Quello che Lo distingue
è di averlo fatto senza essere ebreo e a rischio della propria vita” (in: G. Raimo, op. cit., p. 56).
140
Il 12 luglio 1942, Testa ordinò un’azione di rappresaglia contro un villaggio a pochi chilometri da Fiume: Podhum. Reparti dell’esercito italiano, unitamente a carabinieri e camicie nere fucilarono oltre cento uomini, catturarono la rimanente parte della popolazione, circa duecento famiglie, confiscarono beni mobili e circa duemila capi di bestiame. Per tale fatto Testa fu denunciato dalla Jugoslavia per crimini di guerra.
141
Fonte: C. Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy story non solo italiana, supplem. al n. 303, 1 maggio 2013, di: ‘La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo’, dossier n. 46, Trieste 2013.
143
Avvisato da alcuni agenti. Palatucci sapeva che in caso di fallimento il prefetto Testa era pronto a internare tutti gli ebrei. L’autorizzazione a Palatucci a raggiungere Abbazia fu un atto formale, non sostanziale. Il commissario era già il responsabile dell’ufficio stranieri della Questura di Fiume.
144
Antonio Luksich Jaminifu arrestato prima dai fascisti (e sottoposto al confino politico nelle isole Tremiti nel 1929), e poi dai partigiani di Tito (con processo e cinque anni di carcere).La madre di Antonio, Maria Luksich Jamini (nata a Fiume), fu imprigionata nel maggio 1945, dopo l’arresto dei suoi due figli. Aveva 69 anni e versava in gravi condizioni di salute. Segnata dalla dura detenzione e dagli interrogatori, morì il 10 gennaio del 1947.Cf anche: F. Barra, Giovanni Palatucci contro due totalitarismi, in: ‘Chiesa e società nel Mezzogiorno d’Italia’, Elio Sellino Editore, Pratola Serra 2002, p. 341. Si veda inoltre: M. Dassovich, Itinerari fiumani 1938-1949, Edit. Rivista ‘Fiume’, supplem., Roma 1975.
145
È conservato un fascicolo di Polizia nell’Archivio di Stato di Fiume-Rijeka, e uno nell’Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale a nome di Luksich Antonio.
146
Cf ad es.: F. Giannetti, Racconti della Shoà, Pericle Tangerine Editrice, Roma 2004. Si veda: ‘Un Giusto nel lager di Dachau’, pp. 85-113.
147
Archivio di Stato di Trieste. Archivio privato Mario Dassovich. Busta 18. Fascicolo 76. “Materiali suAntonio Luksich”.
148
Cf anche gli studi di Matteo Luigi Napolitano pubblicati in: https://vaticanfiles.wordpress.com.
149
Alessandro Spalatin, magistrato. Capo della Provincia dal 29 ottobre 1943 al 25 aprile 1945. Il co-prefetto fu il croato avv. Frank Spehar
150
Nel campo c’erano ebrei rumeni, russi, boemi, iugoslavi e, almeno all’inizio, pure un piccolo gruppo di italiani. L’area fu soprattutto un luogo di transito. Nell’estate del 1943 vi si trovavano 150 persone: i più provenivano dalla Germania e dall’Austria. Gli altri erano cechi, polacchi o ebrei di Fiume. Con l’armistizio dell’8 settembre la situazione mutò. Ai militari italiani subentrarono i reparti tedeschi. Tutti compresero il dramma in arrivo. Una sera, l’agente di P.S. Remo Tagliaferri(nato nel 1916) venne a sapere che il trasferimento dei prigionieri in Germania era stato fissato per il giorno successivo. A questo punto, d’intesa con il direttore del campo, lasciò segare le inferriate di una finestra e tenne aperto durante la notte il cancello di San Bartolomeo. Consentì così ai circa 150 ebrei di fuggire nelle zone circostanti. Nell’ex convento rimasero solo due anziani impossibilitati a muoversi.
151
Lijubinka Karpowicz, nata a Vranije il 26 giugno 1941 e residente a Rijeka, Franje Candeka 23b/25 (Croazia).
152
Con rif. a Marco Coslovich cf anche la testimonianza di E. Di Francesco: Le voci dei salvati dal Giusto Palatucci, in: ‘Avvenire’, 23 luglio 2013.
153
“(…) resto perplesso su una frase della giornalista del NYT, secondo la quale Palatucci avrebbe “aiutato i tedeschi a identificare gli ebrei da rastrellare”. Frase che attribuisce ai “ricercatori”, senza specificare chi. Ma di questo non esiste prova alcuna”. [cit. S. Pitrelli, Giovanni Palatucci: intervista allo storico Michele Sarfatti, in: ‘L’Huffington Post’, 20 giugno 2013].
154
La commissione costituita presso la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea
di Milano era stata istituita su richiesta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Coordinata dal presidente del Cdec prof. Michele Sarfatti. Il gruppo, insediatosi il 17 dicembre 2013, ha tenuto sei riunioni plenarie a Roma e Milano. Un anno e quattro mesi di lavori sintetizzati da un breve documento finale, che
ha portato all’«acquisizione di nuove fonti documentarie», accanto all’esame di «documenti già noti e studi già pubblicati». I membri non hanno comunque divulgato i documenti esaminati congiuntamente.
157
Quando collaborò con Palatucci aveva 19 anni. I suoi funerali sono stati celebrati a Firenze. Cf Bianco-Palatucci, op. cit., pp. 532-536.
160
Fonte: documentazione trasmessa al prof. Guiducci in data 8 aprile 2019 dal maggiore Gerardo Severino, direttore Museo Storico e Comandante Centro Studi Storici e Beni Museali Q.G. Guardia di Finanza.. Archivio prof. Guiducci. Fondo Palatucci.
161
Su ‘HaBoker’ (10 agosto 1952), e su ‘Uj’Kelet’, quotidiani di Tel Aviv.Il Centro ‘Primo Levi’ ha messo in discussione l’esistenza di tali pubblicazioni. Invece queste sono conservate presso il Memoriale YadVashem.
162
EdmondoGranitz, di religione ebraica, nato (1896) a Gyor in Ungheria. Con il fratello Rodolfosi era poi trasferito a Fiume (a quel tempo ungherese). Dopo la I guerra mondiale solo Rodolfo ottenne la cittadinanza italiana (non Edmondo). Nel 1924 Fiume passò all’Italia. A causa delle leggi razziali Rodolfo Granitz (con ilnome italianizzato in Grani) perse la cittadinanza italiana. Nel 1940 i due fratelli vennero internati come ebrei apolidi: Edmondo a Campagna (Salerno) poi a Tortoreto (Teramo) e a Ferramonti (Cosenza); Rodolfo a Campagna e poi a Ferramonti. Esiste un carteggio tra Rodolfo, che si firma Grani, e mons. Giuseppe Maria Palatucci, per ottenere il trasferimento in una sede di internamento meno disagiata al Sud, poi ottenuto, e successivamente ad Abano Terme e Lonigo di Vicenza. Nel 1945 Rodolfo era a Lecce, si trasferì poi in Israele ove fondò un’Associazione di Riconoscenza per Giovanni Palatucci. Di Edmondo si conosce il fatto che si era aggregato alla Vaarmata USA con Nicolò Giani, figlio di Rodolfo, ex-ufficiale della Milizia, anche lui internato come ebreo fino all’8 settembre. Nei primi giorni di maggio del 1945, vestito con la divisa americana da combattimento, Nicolò si recò a Fiume con lo zio Edmondo. Vennero arrestati dai partigiani di Tito. Furono fucilati con l’accusa di spionaggio a favore dell’Italia.
164
Su questo punto cf anche la testimonianza di Miriana Tramontina, in: Bianco-Palatucci, op. cit.,p. 514.
165
Nel 1942 Sachs fu sospeso dal ruolo di regio console di Svezia in Fiume, e internato perché ebreo (sostituito con Salvatore Borelli Francesco). La sorella dell’avvocato, Clotilde(dettaLilly),venne protetta dal dr Palatucci. È pure da ricordare il fatto che de Grič fu consulente legale del Consolato Generale Jugoslavo a Fiume.
167
“Aiutò in tutti i modi ebrei, slavi, antifascisti arrestati: voleva fare sentire che l’Italia era ancora un Paese civile. Tentava di riscattare le istituzioni che serviva e delle quali allora dovette sentire vergogna. Consolò gli afflitti, soccorse i derelitti. Favorì qualche evasione” (P. Santarcangeli, In cattività babilonese … , op. cit., pp. 44-45).
170
Mons. Giuseppe Maria Palatucci, nelle sue azioni umanitarie, ricevette un sostegno anche dal responsabile dell’ufficio internati presso il Ministero dell’Interno, Epifanio Pennetta. originario di Andretta, in Irpinia.
173
A Trieste sono da ricordare il Capo dell’ufficio politico della Questura Feliciano Ricciardelli (già cit.), coadiuvato da Calogero Pisciotta (morto nel 1945) e dal maresciallo Nicolò Raho (morto nel 1981); il direttore dell’ufficio anagrafe Goffredo Terribile sostenuto dal maresciallo di pubblica sicurezza Salvatore Messina e dal carabiniere Egidio Varigiu; il capo ufficio delle carte d’identità Giovanni Bressan nonché il consigliere generale italiano di prefettura Marcello Zuccolin e il capo Gabinetto della stessa avvocato Francesco Del Cornò (nato nel 1876).
174
David Cassuto(nato nel 1937 a Firenze) è stato per un lungo periodo vice sindaco di Gerusalemme.
175
Bianco-Palatucci, op. cit., pp. 331-334. Agostino Podestàfu prefetto di Fiume dal 1º febbraio 1943 al 20 agosto 1943.
177
Il ten. colonnello Giuseppe Porcù (1903-1945) fu il comandante della 61^ Legione dei Carabinieri ‘Carnaro’ (3° Regg. M.D.T. Milizia Difesa Territoriale).
178
L’inchiesta faceva riferimento a presunte assegnazioni indebite di sigarette, alla scorretta gestione della mensa, alla assegnazione non limpida delle paghe base e alla dubbia assegnazione di premi.
179
Archivio Centrale dello Stato, fascicolo ‘Giovanni Palatucci’, lettera dell’ex reggente la Questura di Fiume al ten. colonnello Porcù, e p.c. al consigliere germanico per la provincia del Quarnaro Carlo Paknek, e al SS ObersturmbannführerWilhelm Traub, giugno 1944.
180
Estromesso dalla carica nel febbraio 1945 per la sua decisa avversione ai tedeschi, fu arrestato a Trieste dagli agenti slavi dell’O.Z.N.A. il 5 maggio 1945. Il 20 dello stesso mese fu prelevato dal carcere del ‘Coroneo’ e condotto in località sconosciuta, presumibilmente in Jugoslavia. Si ignora dove e quando sia stato ucciso. Sulla figura di Porcù cf anche: R. Pupo, Fiume città di passione, Laterza, Bari-Roma 2018, cap. 4, ‘L’estremo lembo della Patria’.
Link articolo: https://www.cadutipoliziadistato.it/2019/04/lultima-scelta-giovanni-palatucci-1909-1945/
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