1. BIOGRAFIA
2. DOWNLOAD BIOGRAFIA

Mons. Giuseppe Maria Palatucci - Biografia essenziale
di Prof.ssa Maria D’Angelo | PREFAZIONE
Lo scrigno della dignità:
Il tesoro di Mons. Giuseppe Palatucci,conservato nell’Archivio dei frati minori conventuali del convento di “S. Lorenzo Maggiore”, in Napoli.
L’Archivio dei frati minori conventuali del convento di “S. Lorenzo Maggiore” in Napoli, custodisce il carteggio che intercorse tra Mons. Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo di Campagna, gli internati, i Ministri italiani, la Segreteria di Stato, le Nunziature Apostoliche e privati cittadini che potevano aiutarlo a sostenere materialmente gli ebrei internati nei campi di concentramento di S. Bartolomeo e Concezione.
Queste lettere, costituiscono un tesoro documentale di tutto rispetto, ricche d’informazioni preziose che ci rendono partecipi di quei bisogni, di quelle speranze che resero i nostri “fratelli maggiori” colpevoli di essere di etnia ebraica, perciò votati alla soppressione perché il mondo fosse purificato.
La cittadina di Campagna viene indicata come luogo ideale per ospitare coloro che erano di razza ebraica, poiché è molto periferica rispetto alle vie di comunicazione, isolata dalle grandi città, si sperde e si espande nella piana del Sele. Per un triennio, che va dal 1940 al 1943, Campagna sarà un nome conosciuto ma non temuto dai perseguitati stranieri, perché diventerà una casa ospitale per coloro che verranno privati della propria libertà in nome della razza.
Queste pagine ripercorrono quegli anni d’internamento e sembra che le esistenze di quegli uomini tornino alla luce quasi esclusivamente attraverso le lettere che gli internati inviavano a Mons. Palatucci.
La loro persecuzione era cominciata il 7 settembre 1938 con il regio decreto della legge 1381 che vietava agli ebrei stranieri di permanere nei territori del Regno e di lasciare il Paese entro sei mesi dalla pubblicazione . Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, coloro che non erano riusciti a lasciare il Paese, furono arrestati e internati “in quanto appartenenti a Stati che fanno politica razziale”.
I documenti consultati e che verranno qui in parte citati, ci presentano le speranze, i tormenti, i bisogni, i sentimenti da parte dei diretti interessati, rendendoci partecipi di cosa successe agli ebrei durante il fascismo in Italia. Queste lettere sono un’autentica ricostruzione storica basata sulle fonti, in quanto esse furono scritte da chi visse nei campi d’internamento di Campagna nel salernitano, lasciandoci una traccia tangibile, una prova storica inconfutabile e una memoria indelebile di ciò che avvenne.
Mons. Giuseppe Maria Palatucci nacque a Montella, in provincia di Avellino, il 25 aprile 1892 da Giovanni e Carmela Palatucci. Giuseppe compì gli studi ginnasiali a Montella, presso il convento dei Frati Minori conventuali. Il 5 giugno del 1906, dopo aver compiuto il quattordicesimo compleanno, chiese di essere accolto nella comunità francescana presso il convento di S. Maria del Monte, dove terminò gli studi ginnasiali, già lì iniziati. Il 16 gennaio 1908 fu accolto come novizio nel convento di Ravello e il 17 gennaio dell’anno seguente fece la sua Professione Semplice.
Inviato a Roma per compiere gli studi superiori presso la Pontificia Università Gregoriana per conseguire la Laurea in filosofia, frequentò anche le scuole della Pontificia Facoltà di Lettere e Studi Danteschi all’Apollinare. Terminati gli studi filosofici, nel 1913 passò alla Pontificia Facoltà di teologia nel Collegio Internazionale dei Frati Minori Conventuali seguendo i corsi dell’Accademia Liturgica Romana, che pubblicò varie sue ricerche.
Ordinato sacerdote il 29 maggio 1915 a Roma, celebrò la prima Messa a Montella suo paese nativo, nella chiesa parrocchiale di S. Silvestro il 31 maggio.
Il giorno seguente dovette presentarsi al comando militare per compiere i suoi doveri civili, essendo richiamato alle armi data l’emergenza della ‟Grande Guerra”. Fu prima soldato della 10ª Compagnia di Sanità in Napoli, poi sottoufficiale sul Treno Attrezzato N. 33 per il trasporto dei feriti dalle zone di combattimento. Infine fu annoverato tra i cappellani militari nelle terre del Piave e del Carso fino al 18 ottobre 1919 giorno del suo congedo.
Terminata la guerra riprese gli studi e nel 1920 conseguì la laurea in Teologia consolidando la sua formazione culturale e professionale.
Per volere di suo fratello, padre Antonio Palatucci, Ministro Provinciale di Napoli, il 22 ottobre 1923 fu trasferito presso il convento di Ravello, dove fu fatto Superiore della comunità.
Nel 1925, VII° centenario della morte di S. Francesco d’Assisi, fondò il periodico mensile francescano del Mezzogiorno d’Italia ‟Luce Serafica”, di cui fu direttore per dodici anni e dove pubblicava i suoi articoli d’indole storica, agiografica, morale e patriottica.
A 45 anni, nel pieno vigore delle sue forze, indirizzate in numerose attività, gli arrivò la lettera in cui la Santa Sede per volontà del papa Pio XI, il 16 agosto 1937, lo designava vescovo di Campagna, località vicino Salerno. Il 28 novembre dello stesso anno, nella trecentesca Chiesa di S. Lorenzo Maggiore in Napoli, ricevette la Consacrazione Episcopale dal Cardinale Alessio Ascalesi Arcivescovo di Napoli.
Il 16 gennaio 1938 prese possesso della sede vescovile di Campagna. Quest’ultima si estendeva su un territorio, fra i più poveri del sud, comprendente 18 comuni e 34 parrocchie.
Negli anni che seguirono, restaurò il Seminario diocesano né incremento la vita culturale e spirituale, mentre ridestò nel clero e nei fedeli la venerazione e il culto per il Santuario locale di S. Maria di Avigliano, riorganizzò l’Azione Cattolica in tutti i paesi della Diocesi, che visitò ripetutamente, raggiungendo anche per strade impervie località montuose e casolari remoti, che da più decenni non vedevano un vescovo, così da rinnovare la fede, i costumi e il senso cristiano della vita in tutti i suoi diocesani.
Fu soprattutto durante il periodo della seconda guerra mondiale, come vedremo, quando Campagna divenne casa accogliente per numerosi ebrei stranieri e perseguitati politici, che Mons. Palatucci si prodigò, con tutte le forze e i mezzi a disposizione, per la salvezza fisica e morale di tutti i diocesani e non, senza distinzione d’idee e di colori politici.
Emblematica è in questo senso una lettera scrittagli nel giugno 1953 dall’ex internato Gustav Kluger:
“Avevo solo una volta l’onore di parlare con Lei, Eccellenza il giorno quando io andavo via da Campagna, quando andavo per ringraziare a Lei in nome dei miei cointernati: ringraziare per una parola, che Lei aveva trovato quando noi arrivammo a Campagna e lei venne per la prima volta a S. Bartolomeo. Questa parola mi è rimasta indimenticabile ed era la parola: fratelli!.
Era, infatti, proprio come fratelli che Mons. Palatucci trattava gli ebrei badando a non farli sentire mai come degli esclusi o dei diversi.
La stima che le autorità addette alla sorveglianza nutrivano nei confronti del Vescovo, così come forse un certo timore reverenziale, lo aiutarono senza dubbio a ottenere molto spesso delle concessioni per gli internati.
Morì la sera del Venerdì Santo, il 31 marzo 1961. Alla fulminea e incredibile notizia il popolo di Campagna, che poco prima l’aveva visto attraversare le vie cittadine, si precipitò in folla al portone del seminario, che bisognò sbarrare e custodire con la forza pubblica, per avere il tempo di rivestire la salma dell’estinto degli abiti pontificali.
Anche quest’ultimo rito rivelò agli occhi dei presenti la sua incommensurabile carità e dedizione verso i bisognosi: ci si accorse, infatti, che i suoi indumenti intimi erano stati rattoppati da mani inesperte, ‟quasi certamente le sue”, affinché tutti ignorassero la sua incondizionata umiltà. Il lunedì dopo Pasqua, 3 aprile 1961, ebbero luogo nella Cattedrale di Campagna i solenni funerali. La salma fu tumulata nella Chiesa di S. Francesco a Folloni in Montella ( AV ), dove era cresciuto sin da piccolo e dove aveva espresso il desiderio, di essere sepolto”.
Alla memoria del Vescovo francescano Mons. Giuseppe Palatucci, il 25 aprile 2007, il Presidente della Repubblica Italiana ha assegnato il massimo riconoscimento al merito civile: Vescovo di elevate qualità umane e civili, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, si prodigava con eroico coraggio e preclara virtù civica nell’assistenza morale e materiale degli ebrei internati a Campagna, riuscendo a salvarne circa mille dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Fulgido esempio di coerenza, di solidarietà umana e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e intensa condivisione delle altrui sofferenze.
Quest’alto riconoscimento civile, al Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, evidenzia come a muoverlo non sia stato solo la sua grande umanità, bensì ancor più la sua profonda fede, spiegava tutto dal punto di vista spirituale e la fervida carità che lo animava, lo portò a essere il Vescovo di tutti, l’amico degli esclusi, il fratello degli ebrei internati a Campagna.
Quando nel giugno del 1940 gli internati ebrei stranieri arrivarono a Campagna, il Vescovo Giuseppe Maria Palatucci diede loro un appoggio incondizionato, aiutandoli sia dal punto di vista materiale che spirituale.
Mons. Giuseppe M. sappiamo che fu un uomo:
“Di grande ingegno e di grande cultura, ma ancor più, di grande e schietta fede e pietà, era d’incantevole semplicità e umiltà francescana. Ispirava fiducia a quanti lo avvicinavano, perché non aveva alcuna posa. Apriva il cuore. Benché tanto semplice, era di una schietta franchezza francescana, che lo fece forte nella difesa della verità e della giustizia.[...] Il suo carattere semplice e forte non conosceva quello che il mondo chiama diplomazia; la sua linea era una sola, quella dell’Evangelo: Est, est, non non, verso chiunque, non con irruenza, o tracotanza, ma con la luminosa schiettezza della verità. […] La sua carità era inesauribile verso tutti, ed egli con prontezza rispondeva a tutti quelli che si rivolgevano a lui”, quando le risorse economiche cominciarono a scarseggiare Mons. Palatucci non esitò a chiedere aiuto alle autorità ecclesiastiche tramite varie lettere inviate al Rev. Mons. Migone elemosiniere segreto di Sua Santità per sollecitare umilmente aiuti economici per gli internati, tra queste troviamo quella scritta il 9 novembre 1940 in cui si evince la sua carità e la sua francescana povertà:
“Eccellenza Rev.ma Mons. Giuseppe Migone, il dott. Desiderio, cattolico di razza ebraica, qui internato, malato di cuore e di tubercolosi, ha bisogno di molti aiuti. Io da parte mia l’ho aiutato dandogli denaro, scarpe e indumenti (in parentesi, miei personali), ma egli capisce che queste varia centinaia d’internati si rivolgono a me non solo per pratiche loro, ma poiché molti di essi sono poveri si rivolgono a me anche per aiuti materiali, ed ecco perché egli da se ha pensato di rivolgersi all’Eccellenza Vostra per qualche aiuto particolare, avendo egli particolare bisogno per causa delle sue malattie.
E’ vero che io ricevetti dal Santo Padre, per il tramite della Segreteria di Stato in ottobre tremila lire per aiutare questi internati, ma da agosto io ho dato già più di seimila lire a questi infelici, e ora sento il bisogno di domandare altri aiuti al Santo Padre, poiché i bisogni di questi poveretti crescono per i rigori dell’invernata che incalza ed io sono un povero francescano, vescovo di una povera Diocesi e non posso aiutare questi poveri come pur vorrei e come fo, dando indumenti miei”.
Dalla lettura di queste lettere emerge con chiarezza il mondo di sofferenza in cui erano stati fatti precipitare questi uomini innocenti a causa di un’obbedienza cieca alle leggi razziali. A rischiararne il cammino c’era: “la presenza amorevole e fraterna del Vescovo Palatucci, che si adoperava in ogni modo per alleviare le loro angosce” . Le richieste fatte dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci alla Segreteria di Stato rendono comprensibile con assoluta chiarezza ciò che in quegli anni tragici il Vaticano fece per soccorrere e aiutare gli ebrei rinchiusi nei campi d’internamento.
Il 15 settembre 1940, alcuni mesi dopo l’arrivo nei campi d’internamento dei primi ebrei stranieri, Mons. Palatucci scrive al Segretario di Stato di Sua Santità, il Cardinale Maglione per domandare un aiuto economico da distribuire agli internati:
“ Sono già vari mesi che son qui a Campagna parecchie centinaia di internati, molti dei quali sono poveri e vengono a domandare aiuti e sussidi a me e a questi parroci. E io e qualche sacerdote abbiamo fatto e facciamo abbastanza per aiutare questi infelici; ma è assolutamente impossibile poter provvedere adeguatamente ai bisogni di tutti, specialmente di certi casi pietosissimi. Alcuni poi pensano che mi siano assegnati dei fondi dalla Santa Sede per tale scopo, e ricorrono a me, adducendo l’esempio dell’Em.mo Card. Boetto, che - mi dicono, e che S. Eminenza me lo ha confermato - aveva ricevuto difatti dalla Santa Sede una sommetta destinata a tale scopo.
Ebbene, Eminenza, La prego per quanto è possibile di supplicare a nome mio il Santo Padre che conceda anche a me una sommetta che mi metta in grado di provvedere ai bisogni più urgenti di questi infelici …”.
Farà seguito a questa richiesta scritta di un aiuto economico per aiutare gli internati, anche l’invio del canonico Don Alberto Gibboni, Parroco di Campagna, incaricato dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci presso la Segreteria di Stato del Vaticano per trattare le pratiche degli internati.
In una lettera, scritta e spedita da Roma, da Don Alberto Gibboni, il 17 settembre 1940 e acclusa nella documentazione di Mons. Palatucci, troviamo la testimonianza di quanto stesse a cuore del Vescovo che le preghiere, le richieste, le angosce di questi uomini, giungessero al Santo Padre e trovassero una concreta soluzione: “Eccellenza rev.ma, sono stato subito stamane alla Segreteria per poter fare del bene ai nostri internati.
Intanto Maglione è assente da Roma.
Il sostituto Mons. Tardini non riceve che alle ore 11 e con appuntamento (che ho stabilito e prenotato per venerdì).
Ho parlato con Mons. Dell’Acqua, capo dell’ufficio per la sezione affari straordinari dell’“emigrazione”.
Gli ho consegnato tutti i documenti. Ha detto però che è meglio in seguito non spedire più domande o richieste del genere, avendo il governo brasilero proibito dal 1 sett. al suo Ambasciatore di rilasciare alcun visto.
Per gli altri Stati sud-americani, allo stato attuale è impossibile immigrare specie ebrei. Gli Stati Uniti esercitano maggior controllo in materia.
Per ora tutto è sosta e sol si conclude qualche pratica già avviata da giugno o da prima.
Per le altre sue questioni: morale ed economica il Dell’Acqua ha rimesso al sostituto la decisione nell’udienza, che spero avere venerdì".
A questa lettera farà seguito quella di venerdì 20 settembre 1940, dove Don Gibboni ritornato in Segreteria riceve da Mons. Montini il placet per il sussidio con l’istruzione per distribuirlo tra gli internati.
Il 4 ottobre 1940 giunge al Vescovo di Campagna la lettera della Segreteria di Stato di Sua Santità che accoglie la sua richiesta: “L’Augusto Pontefice si è degnato di accogliere l’esposto e mi ha ordinato di far pervenire a Vostra Eccellenza l’importo di lire tremila, che le trasmetto con l’unito assegno sul Banco di Roma. Sua Santità, in omaggio all’intenzione degli offerenti, mi ha pure Incaricato di farLe noto che questo denaro è preferibilmente destinato a chi soffre per ragioni di razza”.
Il 12 ottobre il Vescovo dopo aver ricevuto la lettera di conferma di un aiuto economico per coloro che soffrono per ragioni di razza, chiede di ottenere una nuova somma da distribuire in sussidi agli internati della sua diocesi poiché ha già distribuito più di quattromila lire agli ebrei.
Anche il 17 ottobre scriverà al Cardinal Maglione ringraziandolo per la generosa offerta di tremila lire, ma aggiunge: “ … Già con mia del 12 corr. N. 1018 esponevo le sempre crescenti difficoltà e bisogni di questi internati, in modo che occorre altro aiuto “ .
Mons. Palatucci inoltrerà ancora una nuova richiesta al Cardinal Maglione intesa a ottenere ulteriori sussidi per gli internati di Campagna: “Mi dispiace dover continuamente dare impicci a codesta Segreteria di Stato, ma non posso assolutamente esimermi dall’ascoltare e accontentare questi poveri internati, molto dei quali fino a poco fa vivevano da gran signori e oggi sono gettati in miseria a vivere con le 6,50 lire che dà a essi il Governo, ed io li aiuto quanto posso e più che posso anche con sacrifici personali, che fo volentieri, ma che certo non bastano ad aiutare tutti. Basti dire che do anche dei miei indumenti per soccorrere certe necessità urgentissime; e prevedo che con l’invernata che avanza cresceranno la miserie da soccorrere …”.
Oltre a ciò, Mons. Palatucci scriverà direttamente al Papa Pio XII, manifestandogli le gravi condizioni in cui versavano gli ebrei internati nei campi nella sua Diocesi: “Beatissimo Padre sono qui a Campagna alcune centinaia d’internati, e altri in qualche altr
o paese della mia diocesi e sono per lo più di razza ebraica. Molti di essi o erano già poveri o, peggio, da gran signori sono diventati grandi poveri, molti sono anche malati, e tanti ricorrono a me per aiuti.
Io da parte mia faccio tutto quello che posso, fino a dare indumenti miei personali per soccorrere le necessità più urgenti; ma io son povero francescano vescovo d’una povera Diocesi, e assolutamente non posso soccorrere tutti i poveri come pur vorrei, specialmente se si consideri che, già prima che venivano questi internati, vi erano in Diocesi e vi sono tante miserie.
Già ebbi dalla Santità Vostra una somma di tremila lire, in ottobre c. a.; ma io finora ho già contribuito, dal mese d’agosto a oggi, più di seimila lire, e adesso non so come venire incontro a tante miserie che, con l’avanzata invernata, crescono di giorno in giorno.
Pertanto, prono, ai Vostri Piedi, Vi prego di farmi mandare un’altra elemosina, che mi permetto sperare più abbondante della prima.
Chinato al sacro Piede, Vi ringrazio a nome mio e di questi infelici, e per essi e per me e per tutta la Diocesi, Vi chiedo la grazia dell’Apostolica Benedizione. Alla Santità Vostra Dev. mo figlio in G. C.”.
La risposta generosa del Papa non tarderà ad arrivare, infatti, Pio XII che seguiva e si interessava della sorte degli internati ordinerà di soddisfare le richieste del Vescovo Giuseppe Maria Palatucci con la lettera spedita dalla Segreteria di Stato il 29 novembre 1940:
“ --- Mi pregio comunicare all’Eccellenza Vostra Reverendissima che il Santo Padre ha benevolmente disposto che venga accordato quel più largo aiuto da Lei domandato.
In ossequio pertanto a tale venerato ordine Le trasmetto l’accluso assegno di lire 10.000, pregando Vostra eccellenza di voler inviare a suo tempo a questa Segreteria di Stato una esatta per quanto sommaria relazione dell’impiego di questo denaro.
Sono altresì lieto di far sapere a Vostra Eccellenza che Sua Santità ha appreso con vivo compiacimento la solerte opera di carità, che Ella svolge per alleviare tanti dolori … “.
Mons. Giuseppe Palatucci invierà a Mons. Montini, il 3 dicembre 1940, una lettera di ringraziamento:
“ … Prego l’Ecc. Vostra Rev.ma di ringraziare il Santo Padre, a nome mio e a nome di tutti questi internati per la grande carità con cui ha accolto la mia supplica e di presentarGli il mio rinnovato omaggio di devozione”.
Il Vescovo Palatucci nel conformarsi a quanto gli era stato richiesto il 29 novembre 1940 dalla Segreteria di Stato, stilò una sommaria relazione dell’impiego di quel denaro ricevuto dal Sommo Pontefice per gli internati della sua Diocesi:“ Relazione sommaria delle 13.000 lire spese per internati per i quali furono mandate dalla Segreteria di Stato di S.S. il 15 Ottobre 1940 con n. 28436(L. 3000) e il 29 Novembre 1940 con n. 31514(L. 10000).
Per supplemento vitto ( no bastando a molti degli internati poveri le 6,50 lire giornaliere di sussidio) in varie volte L. 4.057,00 (di questi internati tengo registrato i nomi segnati ogni volta, come del resto per le spese seguenti)
Per indumenti e riparazioni degli stessi L. 1.940,00
Per speciali visite mediche e relativa cura (per lo più si tratta di visite che gli internati han ricevuto nella vicina Salerno) L. 1.850,00
Per spese di viaggi occorrenti nei trasferimenti da un campo all’altro L. 1.060,00
Per spese di passaporti e relativi documenti L. 702,00
A un povero sarto internato che, per mandare danaro ai figli affamati a Milano (come da documenti) s’era venduto un vestito: per salvarlo dall’andare denunziato e carcerato L. 600,00
A un dottore veterinario che laureatosi nell’Università di Pisa non aveva il danaro per ritirare il diploma e d’altra parte era in procinto di partire e di lasciare l’ Italia L. 691,00
A uno studente di medicina per libri di scuola L. 100,00
In una visita ufficiale che feci ai due campi di Concentramento di Campagna, lasciai per i poveri L. 1.000,00
A Natale, a tutti gli internati che vennero a farmi gli Auguri, diedi per i più poveri L. 1.000,00
______________________ Totale 13.000,00 .
========== Campagna, 31 Marzo 1941
N.B. = Qui ho notato solamente le spese fatte col denaro inviatomi dalla Segreteria di Stato di S.S. , ma è bene ricordare che di mio ho dato agli internati varie migliaia di lire. Noto solamente che la Diocesi è povera, e i bisogni del Seminario e dei poveri sono molti”.
Molte altre lettere conservate da Mons. Palatucci ci testimoniano con quanta carità, empatia, compenetrazione delle sofferenze inferte agli ebrei, la Chiesa abbia cercato di alleviare i bisogni di questi fratelli.
Tra le lettere conservate nel fondo di Mons. Palatucci, vi è un biglietto inviato al Direttore Generale degli affari Riservati Ministero dell’Interno Dott. Pennetta dal Vescovo Palatucci per chiedere di accogliere l’istanza dell’internato Alberto Berger, che desiderava andare a vedere la madre moribonda a Fiume.
Questa località era ben nota a Mons. Palatucci poiché era la città dove svolgeva il suo compito di Funzionario presso la Questura, il nipote Giovanni Palatucci e che questi inviava molti ebrei fiumani nel campo d’internamento di Campagna sapendoli al sicuro e accolti caritatevolmente dallo zio Vescovo. Mons. Palatucci, non solo chiese per il giovane Berger di assistere la madre ma che questi rimanesse lì anche dopo la morte della madre:”… Per accudire il padre, che è anche lui vecchio e malato. Dico così, perché si tratta di un ottimo giovane, ottimo davvero”. Anche un’ anziana madre si rivolse a Mons. Palatucci per rivedere il propri figlio.
Era la signora Francesca Sagi, madre di Nicolò Sagi che era già stato internato a Campagna, ma poi fu trasferito a Montecchio Maggiore come internato libero, in provincia di Vicenza. La signora era una donna anziana desiderosa di rivedere il figlio ma impossibilitata a causa della vecchiaia e della salute malconcia. Chiese a Mons. Palatucci di appoggiare la sua richiesta fatta al Ministero degli Interni senza alcun riscontro. Lei era certa che il Vescovo Palatucci avrebbe sostenuto la sua domanda:
“Fiduciosa che la Eccellenza Vostra Reverendissima non negherà l’appoggio invocato da una madre afflitta per la lontananza del suo figliolo e si compiacerà appoggiarla onde possa riabbracciare suo figlio dopo 17 mesi di terribili angosce“.
Mons. Palatucci si rivolgerà per esaudire la preghiera di questa madre anziana al Commendator Pennetta, chiedendogli di accontentarla, perché non se la sente di ignorare questa povera madre: "Che debbo dirVi? Come vedete, io da tanto tempo ho cercato di evitarvi seccature del genere, ma a una povera mamma e vecchia non me la sento di rispondere che me ne disinteresso, e Vi prego, pertanto, di accontentarla nei limiti del possibile, tanto più che detto internato è stato ritenuto della licenza già una volta".
Sarà lo stesso Mons. Palatucci a far sapere alla signora Sagi di aver appoggiato la sua istanza. La signora Sagi ringrazierà e formulerà gli auguri di Natale a Sua Eccellenza:
“Sono in possesso della molto pregiata cartolina postale della S. V. Rev. ma e non posso che ringraziare la S. V. Rev. ma per quanto volle essermi di aiuto del che posso assicurare la S. V. Rev. ma della mia perenne riconoscenza e gratitudine. Vogliate gradire la S. V. Rev. ma i miei più cordiali auguri per le prossime sante feste e capo d’anno “.
Un altro caso disperato bussò al buon cuore di Mons. Palatucci, era un padre profondamente turbato nell’aver saputo, che il suo unico figlio di 11 anni, orfano di madre sarebbe stato deportato presto in Polonia:
“ Eccellenza Reverendissima, Vi siete già cristianamente interessato della sorte del mio amato figliolo, Oscar Ignazio Gruner, undicenne, rimasto orfano di madre, solo a Vienna, II. Pazzanitegasse 4/8.
Immaginatevi la mia disperazione, Eccellenza, nell’apprendere ora, che la data della sua deportazione per la Polonia era già fissata, e che, solo per un miracolo il termine è stato rinviato.
Eccellenza! Voi non sapete forse, che cosa significa per un bambino una tale deportazione. Fatto si è, che continuamente giungono ai parenti e amici dei deportati le pessime notizie e purtroppo fra queste, numerosi partecipazioni di decessi.
Monsignore, fate l’impossibile! MetteteVi ancora con ogni vostra influenza a muovere le Vostre relazioni per salvarmi il mio figliolo, affinchè questi ottenga il permesso di entrare in Italia e possa di tal modo sfuggire al pericolo in cui si trova … “.
Mons. Palatucci si rivolgerà al Nunzio Apostolico Mons. Borgongini Duca inviandogli la lettera del signor Rodolfo Gruner chiedendogli di far tutto il possibile affinchè, il piccolo Oscar potesse venire in Italia e sfuggire alla deportazione in uno dei campi di concentramento della Polonia.
La risposta del Nunzio apostolico Mons. Borgongini non tardò ad arrivare, anche se le notizie non erano per nulla incoraggianti: “ Mi sono subito interessato del caso pietoso ma, purtroppo, mi è stato risposto verbalmente che il R. Governo non permette per disposizione generale l’ingresso nel regno alle persone che non sono di razza ariana”.
Gli auguri che giungeranno per le festività natalizie da parte del signor Rodolfo Gruner con i ringraziamenti per l’intervento a favore del figlio a Mons. Palatucci, ci fanno supporre che il ragazzo abbia ricevuto l’aiuto che il padre auspicava per suo figlio.
Tra gli internati giunti nei campi d’internamento di Campagna, vi fu anche il Rabbino di Fiume il Signor David Wachsberger. Anch’egli si rivolse al Vescovo Palatucci per chiedere la grazia di essere rimandato libero nella sua città. Il Vescovo si rivolgerà al Comm. Pennetta raccomandandolo vivamente, poiché:
”… è di una educazione veramente rarissima e di rara modestia, vivendo egli unicamente nel mondo degli studi ebraici e nel mondo mistico, come rari se ne trovano di ebrei tali. Stanti però quelle condizioni di salute, egli qui assolutamente non può durarla. Ed ecco perché Vi prego di concedergli la grazia di rimandarlo libero, e poiché non sarà possibile farlo tornare a Fiume, Vi prego di mandarlo libero a Firenze, ove potrà trovarsi meno male per l’aria e anche per l’ambiente”.
Il Rabbino ottenne il trasferimento in un paese della Provincia di Salerno e si rivolse al Ministero affinchè fosse inviato a Firenze dove dei suoi correligionari l’avrebbero assistito.
Il Rabbino si rivolse di nuovo al Vescovo Palatucci che informato del trasferimento, scrisse di nuovo al Comm. Pennetta sollecitando il trasferimento del Rabbino Wachsberger a Firenze, perché:
” … egli vive nel suo mondo mistico degli studi ebraici come raramente se ne trovano di tali ebrei, del tutto alieno dalla politica e da qualsiasi attività che possa far sognare a pericolo, tanto che egli sa solamente la lingua tedesca e non si occupa neppure del cibo, che gli vien preparato dai suoi correligionari, per cui si troverebbe molto a disagio in un paese della Provincia di Salerno, solo e senza conoscere l’italiano …”.
Il Rabbino otterrà un primo trasferimento a Teramo e non potendo congedarsi personalmente da Mons. Palatucci a causa della precipitosa partenza, gli invierà una lettera in cui ringrazia e si scusa per non aver avuto il tempo di salutarlo:
” Di tanto mi dolgo sinceramente poiché ogni occasione mi sarebbe sempre graditissima per manifestarvi i sentimenti di profondo rispetto per la Vostra persona illuminata e di illimitata gratitudine per tutto il bene che avete prodigato ai miei compagni infelici ed a me, con cuore paterno e fraterno”.
Il Vescovo Palatucci ringrazierà anch’egli il Rabbino:
”… Non Voi dovete ringraziare me, ma io debbo ringraziare Voi e i vostri compagni, poiché mi avete dato l’occasione di fare un po’ di bene, così come ho potuto, e mi dispiace solo che ho potuto e posso far troppo poco, essendo povera questa mia Diocesi. Quel poco che faccio, però, lo fo con piacere e con tutto il cuore, da fratello, senza guardare a differenza di razza o di religione, secondo gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo e secondo gli esempi di tanti santi, specialmente del mio serafico Padre San Francesco, con lo spirito della vera fratellanza universale, che a tutti mostra un solo Dio, un solo Padre e una sola Patria per tutti in Cielo. Oh, se gli uomini lo capissero e le vivessero queste verità, la terra si cambierebbe in Cielo! In quanto a Voi, effettivamente ho avuto sempre grande stima e mi sono occupato volentieri per il Vostro trasferimento a Firenze, e mi dispiace che finora non Ve l’abbiano concesso, ma ho buone speranze che Ve lo concederanno … ".
Mons. Palatucci aveva omaggiato gli internati donando a tutti loro, ulteriori aiuti economici ed essi grati lo ringraziano:
“Eccellenza, è il nostro compito profondamente sentito esprimere a V. E. la gratitudine indelebile di tutti coloro fra noi, che hanno avuto la fortuna di essere ricordato dalla pietà di V. E. e della Chiesa Cattolica che trova in Voi una così luminosa espressione.
Oltre alla gratitudine perenne di quelli ricordati con mezzi materiali, desideriamo esprimerVi i sensi di profonda commozione di noi tutti che concepiamo la Vostra presenza spirituale in mezzo a noi come il tratto d’unione con un mondo, in cui ideali d’umanità e di civiltà ci furono e ci saranno sempre i simboli di una vita superiore e illuminata.
Rinnovando i nostri più fervidi ringraziamenti, preghiamo V. E. di accogliere i nostri deferenti ossequi”.
Dopo una visita al Campo d’internamento il Signor Otto Osmund, invia i suoi ringraziamenti:
“ Eccellenza, Monsignor, permetta ad un internato profondamente commosso delle parole consolanti, rinforzanti ed in medesimo tempo generose, umane e graziosissime indirizzate a noi all’occasione della visita in caserma nostra, di presentare un omaggio modesto qui accluso. Abbia la clemenza di accettarlo come ricordo”.
Il Signor Alessandro Gottlieb dopo essere stato trasferito da Campagna a Tortoreto così ringrazia:
” Eccellentissimo Buonissimo Padre! La prima volta in vita mia mi tocca l’onore di scrivere ad un Vescovo e sono confuso, ma quando mi ricordo le Sue buone e care parole, mi pareva vedere sotto la Croce d’oro, un cuore che era più prezioso di qualunque metallo nobile. Vi ringrazio Ecc. mo Padre per le vostre care parole che vi siete degnato a scrivermi, la terrò questa cara lettera per non dimenticare mai, che quando sia così in alto quanto è bello e cristiano essere così semplicemente buono e caro”.
Il Signor Rodolfo Grani in una lettera inviata a Mons. Palatucci, paragona la sua persona a un raggio di sole:
“… la Vostra sacra persona ed infinita bontà è un raggio di sole e di speranza e fede in questo scurissimo incubo, nel quale i miei nervi e salute si consumano” Il Rabbino di Fiume, il Signor Davide Wachsberger dopo aver ottenuto il trasferimento da Campagna, ringrazia e manifesta: ” … sentimenti di profondo rispetto per la Vostra persona illuminata e di illimitata gratitudine per tutto il Bene che avete prodigato ai miei compagni infelici ed a me, con cuore paterno e fraterno.
Iddio, padre degli uomini, che tutto sa e tutto può, Vi manderà le Sue benedizioni inestimabili per ricompensare l’immenso conforto che avete recato a me in particolar modo, onorandomi della Vostra amicizia e della Vostra buona parola”.
Finita la guerra e liberi tra i loro cari, gli ex-internati non si dimenticarono del Vescovo Palatucci che in più occasioni li aveva visitati e confortati e a tutti coloro che avevano bussato alla porta del suo cuore, avevano trovato rifugio, accoglienza e disponibilità piena e fraterna per tutti: “Noi i pochi ex-internati di Campagna che siamo da un anno mezzo in America, inviamo a Vostra Eccellenza i nostri devoti omaggi ed auguri per la festa di Natale. Ricordiamo sempre con riverenza il diletto Padre degli internati, ricordiamo Vostra Eccellenza come nei tempi durissimi è venuto da noi il primo per consolarci e sollevare i nostri cuori dolenti e disperati.
Col progresso di tempo ci diventa ancora più chiara l’immagine di Vostra Eccellenza in cui veneriamo, non si sa, se più il prete cattolico ossia l’Italiano e diciamo dunque: L’Italiano-Prete colla gentilezza e la mano largitore del suo popolo e con Francescano amore di genere umano.
Voglia il Dio che Vostra Eccellenza vegga bentosto, nel prossimo anno, il risorgimento di una Italia Nuova, fioriscente e beata, come la merita un popolo caratterizzato nel seguente Epigramma Viatoris in Santam Terram. Delectent terrae populorum varietate, Attamen Italiae vera humanitas est. Idem symbolice En humanitas “U” habet id phometice longum, Natura longa est sola sata in Italis”.
Ognuna delle lettere riportate ci racconta non solo il dolore, le ansie, le paure, i desideri che gli ebrei internati avvertivano per loro stessi e per i loro cari. Esse sono anche la testimonianza di un rapporto di vera amicizia e non di una semplice forma di riconoscenza.
La presentazione della figura autorevole di Mons . Giuseppe Maria Palatucci ci aiuta a comprendere, anche il valore del rispetto per l’altro e come l’aiuto caritatevole, disinteressato e fraterno di alcune persone ha fatto si che, nei momenti di difficoltà o avversità della vita, il male non prevalesse sul bene.
La memoria dei giusti ci impone di guardare con occhi diversi il passato e il mondo presente, ma ci consegna anche un compito per il futuro: le persone, indipendentemente dai regimi in cui vivono, possono trovare dentro di loro la forza per opporsi alle persecuzioni e conservare la capacità di scelta.
Inviato a Roma per compiere gli studi superiori presso la Pontificia Università Gregoriana per conseguire la Laurea in filosofia, frequentò anche le scuole della Pontificia Facoltà di Lettere e Studi Danteschi all’Apollinare. Terminati gli studi filosofici, nel 1913 passò alla Pontificia Facoltà di teologia nel Collegio Internazionale dei Frati Minori Conventuali seguendo i corsi dell’Accademia Liturgica Romana, che pubblicò varie sue ricerche.
Ordinato sacerdote il 29 maggio 1915 a Roma, celebrò la prima Messa a Montella suo paese nativo, nella chiesa parrocchiale di S. Silvestro il 31 maggio.
Il giorno seguente dovette presentarsi al comando militare per compiere i suoi doveri civili, essendo richiamato alle armi data l’emergenza della ‟Grande Guerra”. Fu prima soldato della 10ª Compagnia di Sanità in Napoli, poi sottoufficiale sul Treno Attrezzato N. 33 per il trasporto dei feriti dalle zone di combattimento. Infine fu annoverato tra i cappellani militari nelle terre del Piave e del Carso fino al 18 ottobre 1919 giorno del suo congedo.
Terminata la guerra riprese gli studi e nel 1920 conseguì la laurea in Teologia consolidando la sua formazione culturale e professionale.
Per volere di suo fratello, padre Antonio Palatucci, Ministro Provinciale di Napoli, il 22 ottobre 1923 fu trasferito presso il convento di Ravello, dove fu fatto Superiore della comunità.
Nel 1925, VII° centenario della morte di S. Francesco d’Assisi, fondò il periodico mensile francescano del Mezzogiorno d’Italia ‟Luce Serafica”, di cui fu direttore per dodici anni e dove pubblicava i suoi articoli d’indole storica, agiografica, morale e patriottica.
A 45 anni, nel pieno vigore delle sue forze, indirizzate in numerose attività, gli arrivò la lettera in cui la Santa Sede per volontà del papa Pio XI, il 16 agosto 1937, lo designava vescovo di Campagna, località vicino Salerno. Il 28 novembre dello stesso anno, nella trecentesca Chiesa di S. Lorenzo Maggiore in Napoli, ricevette la Consacrazione Episcopale dal Cardinale Alessio Ascalesi Arcivescovo di Napoli.
Il 16 gennaio 1938 prese possesso della sede vescovile di Campagna. Quest’ultima si estendeva su un territorio, fra i più poveri del sud, comprendente 18 comuni e 34 parrocchie.
Negli anni che seguirono, restaurò il Seminario diocesano né incremento la vita culturale e spirituale, mentre ridestò nel clero e nei fedeli la venerazione e il culto per il Santuario locale di S. Maria di Avigliano, riorganizzò l’Azione Cattolica in tutti i paesi della Diocesi, che visitò ripetutamente, raggiungendo anche per strade impervie località montuose e casolari remoti, che da più decenni non vedevano un vescovo, così da rinnovare la fede, i costumi e il senso cristiano della vita in tutti i suoi diocesani.
Fu soprattutto durante il periodo della seconda guerra mondiale, come vedremo, quando Campagna divenne casa accogliente per numerosi ebrei stranieri e perseguitati politici, che Mons. Palatucci si prodigò, con tutte le forze e i mezzi a disposizione, per la salvezza fisica e morale di tutti i diocesani e non, senza distinzione d’idee e di colori politici.
Emblematica è in questo senso una lettera scrittagli nel giugno 1953 dall’ex internato Gustav Kluger:
“Avevo solo una volta l’onore di parlare con Lei, Eccellenza il giorno quando io andavo via da Campagna, quando andavo per ringraziare a Lei in nome dei miei cointernati: ringraziare per una parola, che Lei aveva trovato quando noi arrivammo a Campagna e lei venne per la prima volta a S. Bartolomeo. Questa parola mi è rimasta indimenticabile ed era la parola: fratelli!.
Era, infatti, proprio come fratelli che Mons. Palatucci trattava gli ebrei badando a non farli sentire mai come degli esclusi o dei diversi.
La stima che le autorità addette alla sorveglianza nutrivano nei confronti del Vescovo, così come forse un certo timore reverenziale, lo aiutarono senza dubbio a ottenere molto spesso delle concessioni per gli internati.
Morì la sera del Venerdì Santo, il 31 marzo 1961. Alla fulminea e incredibile notizia il popolo di Campagna, che poco prima l’aveva visto attraversare le vie cittadine, si precipitò in folla al portone del seminario, che bisognò sbarrare e custodire con la forza pubblica, per avere il tempo di rivestire la salma dell’estinto degli abiti pontificali.
Anche quest’ultimo rito rivelò agli occhi dei presenti la sua incommensurabile carità e dedizione verso i bisognosi: ci si accorse, infatti, che i suoi indumenti intimi erano stati rattoppati da mani inesperte, ‟quasi certamente le sue”, affinché tutti ignorassero la sua incondizionata umiltà. Il lunedì dopo Pasqua, 3 aprile 1961, ebbero luogo nella Cattedrale di Campagna i solenni funerali. La salma fu tumulata nella Chiesa di S. Francesco a Folloni in Montella ( AV ), dove era cresciuto sin da piccolo e dove aveva espresso il desiderio, di essere sepolto”.
Alla memoria del Vescovo francescano Mons. Giuseppe Palatucci, il 25 aprile 2007, il Presidente della Repubblica Italiana ha assegnato il massimo riconoscimento al merito civile: Vescovo di elevate qualità umane e civili, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, si prodigava con eroico coraggio e preclara virtù civica nell’assistenza morale e materiale degli ebrei internati a Campagna, riuscendo a salvarne circa mille dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Fulgido esempio di coerenza, di solidarietà umana e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e intensa condivisione delle altrui sofferenze.
Quest’alto riconoscimento civile, al Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, evidenzia come a muoverlo non sia stato solo la sua grande umanità, bensì ancor più la sua profonda fede, spiegava tutto dal punto di vista spirituale e la fervida carità che lo animava, lo portò a essere il Vescovo di tutti, l’amico degli esclusi, il fratello degli ebrei internati a Campagna.
Quando nel giugno del 1940 gli internati ebrei stranieri arrivarono a Campagna, il Vescovo Giuseppe Maria Palatucci diede loro un appoggio incondizionato, aiutandoli sia dal punto di vista materiale che spirituale.
Mons. Giuseppe M. sappiamo che fu un uomo:
“Di grande ingegno e di grande cultura, ma ancor più, di grande e schietta fede e pietà, era d’incantevole semplicità e umiltà francescana. Ispirava fiducia a quanti lo avvicinavano, perché non aveva alcuna posa. Apriva il cuore. Benché tanto semplice, era di una schietta franchezza francescana, che lo fece forte nella difesa della verità e della giustizia.[...] Il suo carattere semplice e forte non conosceva quello che il mondo chiama diplomazia; la sua linea era una sola, quella dell’Evangelo: Est, est, non non, verso chiunque, non con irruenza, o tracotanza, ma con la luminosa schiettezza della verità. […] La sua carità era inesauribile verso tutti, ed egli con prontezza rispondeva a tutti quelli che si rivolgevano a lui”, quando le risorse economiche cominciarono a scarseggiare Mons. Palatucci non esitò a chiedere aiuto alle autorità ecclesiastiche tramite varie lettere inviate al Rev. Mons. Migone elemosiniere segreto di Sua Santità per sollecitare umilmente aiuti economici per gli internati, tra queste troviamo quella scritta il 9 novembre 1940 in cui si evince la sua carità e la sua francescana povertà:
“Eccellenza Rev.ma Mons. Giuseppe Migone, il dott. Desiderio, cattolico di razza ebraica, qui internato, malato di cuore e di tubercolosi, ha bisogno di molti aiuti. Io da parte mia l’ho aiutato dandogli denaro, scarpe e indumenti (in parentesi, miei personali), ma egli capisce che queste varia centinaia d’internati si rivolgono a me non solo per pratiche loro, ma poiché molti di essi sono poveri si rivolgono a me anche per aiuti materiali, ed ecco perché egli da se ha pensato di rivolgersi all’Eccellenza Vostra per qualche aiuto particolare, avendo egli particolare bisogno per causa delle sue malattie.
E’ vero che io ricevetti dal Santo Padre, per il tramite della Segreteria di Stato in ottobre tremila lire per aiutare questi internati, ma da agosto io ho dato già più di seimila lire a questi infelici, e ora sento il bisogno di domandare altri aiuti al Santo Padre, poiché i bisogni di questi poveretti crescono per i rigori dell’invernata che incalza ed io sono un povero francescano, vescovo di una povera Diocesi e non posso aiutare questi poveri come pur vorrei e come fo, dando indumenti miei”.
Dalla lettura di queste lettere emerge con chiarezza il mondo di sofferenza in cui erano stati fatti precipitare questi uomini innocenti a causa di un’obbedienza cieca alle leggi razziali. A rischiararne il cammino c’era: “la presenza amorevole e fraterna del Vescovo Palatucci, che si adoperava in ogni modo per alleviare le loro angosce” . Le richieste fatte dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci alla Segreteria di Stato rendono comprensibile con assoluta chiarezza ciò che in quegli anni tragici il Vaticano fece per soccorrere e aiutare gli ebrei rinchiusi nei campi d’internamento.
Il 15 settembre 1940, alcuni mesi dopo l’arrivo nei campi d’internamento dei primi ebrei stranieri, Mons. Palatucci scrive al Segretario di Stato di Sua Santità, il Cardinale Maglione per domandare un aiuto economico da distribuire agli internati:
“ Sono già vari mesi che son qui a Campagna parecchie centinaia di internati, molti dei quali sono poveri e vengono a domandare aiuti e sussidi a me e a questi parroci. E io e qualche sacerdote abbiamo fatto e facciamo abbastanza per aiutare questi infelici; ma è assolutamente impossibile poter provvedere adeguatamente ai bisogni di tutti, specialmente di certi casi pietosissimi. Alcuni poi pensano che mi siano assegnati dei fondi dalla Santa Sede per tale scopo, e ricorrono a me, adducendo l’esempio dell’Em.mo Card. Boetto, che - mi dicono, e che S. Eminenza me lo ha confermato - aveva ricevuto difatti dalla Santa Sede una sommetta destinata a tale scopo.
Ebbene, Eminenza, La prego per quanto è possibile di supplicare a nome mio il Santo Padre che conceda anche a me una sommetta che mi metta in grado di provvedere ai bisogni più urgenti di questi infelici …”.
Farà seguito a questa richiesta scritta di un aiuto economico per aiutare gli internati, anche l’invio del canonico Don Alberto Gibboni, Parroco di Campagna, incaricato dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci presso la Segreteria di Stato del Vaticano per trattare le pratiche degli internati.
In una lettera, scritta e spedita da Roma, da Don Alberto Gibboni, il 17 settembre 1940 e acclusa nella documentazione di Mons. Palatucci, troviamo la testimonianza di quanto stesse a cuore del Vescovo che le preghiere, le richieste, le angosce di questi uomini, giungessero al Santo Padre e trovassero una concreta soluzione: “Eccellenza rev.ma, sono stato subito stamane alla Segreteria per poter fare del bene ai nostri internati.
Intanto Maglione è assente da Roma.
Il sostituto Mons. Tardini non riceve che alle ore 11 e con appuntamento (che ho stabilito e prenotato per venerdì).
Ho parlato con Mons. Dell’Acqua, capo dell’ufficio per la sezione affari straordinari dell’“emigrazione”.
Gli ho consegnato tutti i documenti. Ha detto però che è meglio in seguito non spedire più domande o richieste del genere, avendo il governo brasilero proibito dal 1 sett. al suo Ambasciatore di rilasciare alcun visto.
Per gli altri Stati sud-americani, allo stato attuale è impossibile immigrare specie ebrei. Gli Stati Uniti esercitano maggior controllo in materia.
Per ora tutto è sosta e sol si conclude qualche pratica già avviata da giugno o da prima.
Per le altre sue questioni: morale ed economica il Dell’Acqua ha rimesso al sostituto la decisione nell’udienza, che spero avere venerdì".
A questa lettera farà seguito quella di venerdì 20 settembre 1940, dove Don Gibboni ritornato in Segreteria riceve da Mons. Montini il placet per il sussidio con l’istruzione per distribuirlo tra gli internati.
Il 4 ottobre 1940 giunge al Vescovo di Campagna la lettera della Segreteria di Stato di Sua Santità che accoglie la sua richiesta: “L’Augusto Pontefice si è degnato di accogliere l’esposto e mi ha ordinato di far pervenire a Vostra Eccellenza l’importo di lire tremila, che le trasmetto con l’unito assegno sul Banco di Roma. Sua Santità, in omaggio all’intenzione degli offerenti, mi ha pure Incaricato di farLe noto che questo denaro è preferibilmente destinato a chi soffre per ragioni di razza”.
Il 12 ottobre il Vescovo dopo aver ricevuto la lettera di conferma di un aiuto economico per coloro che soffrono per ragioni di razza, chiede di ottenere una nuova somma da distribuire in sussidi agli internati della sua diocesi poiché ha già distribuito più di quattromila lire agli ebrei.
Anche il 17 ottobre scriverà al Cardinal Maglione ringraziandolo per la generosa offerta di tremila lire, ma aggiunge: “ … Già con mia del 12 corr. N. 1018 esponevo le sempre crescenti difficoltà e bisogni di questi internati, in modo che occorre altro aiuto “ .
Mons. Palatucci inoltrerà ancora una nuova richiesta al Cardinal Maglione intesa a ottenere ulteriori sussidi per gli internati di Campagna: “Mi dispiace dover continuamente dare impicci a codesta Segreteria di Stato, ma non posso assolutamente esimermi dall’ascoltare e accontentare questi poveri internati, molto dei quali fino a poco fa vivevano da gran signori e oggi sono gettati in miseria a vivere con le 6,50 lire che dà a essi il Governo, ed io li aiuto quanto posso e più che posso anche con sacrifici personali, che fo volentieri, ma che certo non bastano ad aiutare tutti. Basti dire che do anche dei miei indumenti per soccorrere certe necessità urgentissime; e prevedo che con l’invernata che avanza cresceranno la miserie da soccorrere …”.
Oltre a ciò, Mons. Palatucci scriverà direttamente al Papa Pio XII, manifestandogli le gravi condizioni in cui versavano gli ebrei internati nei campi nella sua Diocesi: “Beatissimo Padre sono qui a Campagna alcune centinaia d’internati, e altri in qualche altr
o paese della mia diocesi e sono per lo più di razza ebraica. Molti di essi o erano già poveri o, peggio, da gran signori sono diventati grandi poveri, molti sono anche malati, e tanti ricorrono a me per aiuti.
Io da parte mia faccio tutto quello che posso, fino a dare indumenti miei personali per soccorrere le necessità più urgenti; ma io son povero francescano vescovo d’una povera Diocesi, e assolutamente non posso soccorrere tutti i poveri come pur vorrei, specialmente se si consideri che, già prima che venivano questi internati, vi erano in Diocesi e vi sono tante miserie.
Già ebbi dalla Santità Vostra una somma di tremila lire, in ottobre c. a.; ma io finora ho già contribuito, dal mese d’agosto a oggi, più di seimila lire, e adesso non so come venire incontro a tante miserie che, con l’avanzata invernata, crescono di giorno in giorno.
Pertanto, prono, ai Vostri Piedi, Vi prego di farmi mandare un’altra elemosina, che mi permetto sperare più abbondante della prima.
Chinato al sacro Piede, Vi ringrazio a nome mio e di questi infelici, e per essi e per me e per tutta la Diocesi, Vi chiedo la grazia dell’Apostolica Benedizione. Alla Santità Vostra Dev. mo figlio in G. C.”.
La risposta generosa del Papa non tarderà ad arrivare, infatti, Pio XII che seguiva e si interessava della sorte degli internati ordinerà di soddisfare le richieste del Vescovo Giuseppe Maria Palatucci con la lettera spedita dalla Segreteria di Stato il 29 novembre 1940:
“ --- Mi pregio comunicare all’Eccellenza Vostra Reverendissima che il Santo Padre ha benevolmente disposto che venga accordato quel più largo aiuto da Lei domandato.
In ossequio pertanto a tale venerato ordine Le trasmetto l’accluso assegno di lire 10.000, pregando Vostra eccellenza di voler inviare a suo tempo a questa Segreteria di Stato una esatta per quanto sommaria relazione dell’impiego di questo denaro.
Sono altresì lieto di far sapere a Vostra Eccellenza che Sua Santità ha appreso con vivo compiacimento la solerte opera di carità, che Ella svolge per alleviare tanti dolori … “.
Mons. Giuseppe Palatucci invierà a Mons. Montini, il 3 dicembre 1940, una lettera di ringraziamento:
“ … Prego l’Ecc. Vostra Rev.ma di ringraziare il Santo Padre, a nome mio e a nome di tutti questi internati per la grande carità con cui ha accolto la mia supplica e di presentarGli il mio rinnovato omaggio di devozione”.
Il Vescovo Palatucci nel conformarsi a quanto gli era stato richiesto il 29 novembre 1940 dalla Segreteria di Stato, stilò una sommaria relazione dell’impiego di quel denaro ricevuto dal Sommo Pontefice per gli internati della sua Diocesi:“ Relazione sommaria delle 13.000 lire spese per internati per i quali furono mandate dalla Segreteria di Stato di S.S. il 15 Ottobre 1940 con n. 28436(L. 3000) e il 29 Novembre 1940 con n. 31514(L. 10000).
Per supplemento vitto ( no bastando a molti degli internati poveri le 6,50 lire giornaliere di sussidio) in varie volte L. 4.057,00 (di questi internati tengo registrato i nomi segnati ogni volta, come del resto per le spese seguenti)
Per indumenti e riparazioni degli stessi L. 1.940,00
Per speciali visite mediche e relativa cura (per lo più si tratta di visite che gli internati han ricevuto nella vicina Salerno) L. 1.850,00
Per spese di viaggi occorrenti nei trasferimenti da un campo all’altro L. 1.060,00
Per spese di passaporti e relativi documenti L. 702,00
A un povero sarto internato che, per mandare danaro ai figli affamati a Milano (come da documenti) s’era venduto un vestito: per salvarlo dall’andare denunziato e carcerato L. 600,00
A un dottore veterinario che laureatosi nell’Università di Pisa non aveva il danaro per ritirare il diploma e d’altra parte era in procinto di partire e di lasciare l’ Italia L. 691,00
A uno studente di medicina per libri di scuola L. 100,00
In una visita ufficiale che feci ai due campi di Concentramento di Campagna, lasciai per i poveri L. 1.000,00
A Natale, a tutti gli internati che vennero a farmi gli Auguri, diedi per i più poveri L. 1.000,00
______________________ Totale 13.000,00 .
========== Campagna, 31 Marzo 1941
N.B. = Qui ho notato solamente le spese fatte col denaro inviatomi dalla Segreteria di Stato di S.S. , ma è bene ricordare che di mio ho dato agli internati varie migliaia di lire. Noto solamente che la Diocesi è povera, e i bisogni del Seminario e dei poveri sono molti”.
Molte altre lettere conservate da Mons. Palatucci ci testimoniano con quanta carità, empatia, compenetrazione delle sofferenze inferte agli ebrei, la Chiesa abbia cercato di alleviare i bisogni di questi fratelli.
Tra le lettere conservate nel fondo di Mons. Palatucci, vi è un biglietto inviato al Direttore Generale degli affari Riservati Ministero dell’Interno Dott. Pennetta dal Vescovo Palatucci per chiedere di accogliere l’istanza dell’internato Alberto Berger, che desiderava andare a vedere la madre moribonda a Fiume.
Questa località era ben nota a Mons. Palatucci poiché era la città dove svolgeva il suo compito di Funzionario presso la Questura, il nipote Giovanni Palatucci e che questi inviava molti ebrei fiumani nel campo d’internamento di Campagna sapendoli al sicuro e accolti caritatevolmente dallo zio Vescovo. Mons. Palatucci, non solo chiese per il giovane Berger di assistere la madre ma che questi rimanesse lì anche dopo la morte della madre:”… Per accudire il padre, che è anche lui vecchio e malato. Dico così, perché si tratta di un ottimo giovane, ottimo davvero”. Anche un’ anziana madre si rivolse a Mons. Palatucci per rivedere il propri figlio.
Era la signora Francesca Sagi, madre di Nicolò Sagi che era già stato internato a Campagna, ma poi fu trasferito a Montecchio Maggiore come internato libero, in provincia di Vicenza. La signora era una donna anziana desiderosa di rivedere il figlio ma impossibilitata a causa della vecchiaia e della salute malconcia. Chiese a Mons. Palatucci di appoggiare la sua richiesta fatta al Ministero degli Interni senza alcun riscontro. Lei era certa che il Vescovo Palatucci avrebbe sostenuto la sua domanda:
“Fiduciosa che la Eccellenza Vostra Reverendissima non negherà l’appoggio invocato da una madre afflitta per la lontananza del suo figliolo e si compiacerà appoggiarla onde possa riabbracciare suo figlio dopo 17 mesi di terribili angosce“.
Mons. Palatucci si rivolgerà per esaudire la preghiera di questa madre anziana al Commendator Pennetta, chiedendogli di accontentarla, perché non se la sente di ignorare questa povera madre: "Che debbo dirVi? Come vedete, io da tanto tempo ho cercato di evitarvi seccature del genere, ma a una povera mamma e vecchia non me la sento di rispondere che me ne disinteresso, e Vi prego, pertanto, di accontentarla nei limiti del possibile, tanto più che detto internato è stato ritenuto della licenza già una volta".
Sarà lo stesso Mons. Palatucci a far sapere alla signora Sagi di aver appoggiato la sua istanza. La signora Sagi ringrazierà e formulerà gli auguri di Natale a Sua Eccellenza:
“Sono in possesso della molto pregiata cartolina postale della S. V. Rev. ma e non posso che ringraziare la S. V. Rev. ma per quanto volle essermi di aiuto del che posso assicurare la S. V. Rev. ma della mia perenne riconoscenza e gratitudine. Vogliate gradire la S. V. Rev. ma i miei più cordiali auguri per le prossime sante feste e capo d’anno “.
Un altro caso disperato bussò al buon cuore di Mons. Palatucci, era un padre profondamente turbato nell’aver saputo, che il suo unico figlio di 11 anni, orfano di madre sarebbe stato deportato presto in Polonia:
“ Eccellenza Reverendissima, Vi siete già cristianamente interessato della sorte del mio amato figliolo, Oscar Ignazio Gruner, undicenne, rimasto orfano di madre, solo a Vienna, II. Pazzanitegasse 4/8.
Immaginatevi la mia disperazione, Eccellenza, nell’apprendere ora, che la data della sua deportazione per la Polonia era già fissata, e che, solo per un miracolo il termine è stato rinviato.
Eccellenza! Voi non sapete forse, che cosa significa per un bambino una tale deportazione. Fatto si è, che continuamente giungono ai parenti e amici dei deportati le pessime notizie e purtroppo fra queste, numerosi partecipazioni di decessi.
Monsignore, fate l’impossibile! MetteteVi ancora con ogni vostra influenza a muovere le Vostre relazioni per salvarmi il mio figliolo, affinchè questi ottenga il permesso di entrare in Italia e possa di tal modo sfuggire al pericolo in cui si trova … “.
Mons. Palatucci si rivolgerà al Nunzio Apostolico Mons. Borgongini Duca inviandogli la lettera del signor Rodolfo Gruner chiedendogli di far tutto il possibile affinchè, il piccolo Oscar potesse venire in Italia e sfuggire alla deportazione in uno dei campi di concentramento della Polonia.
La risposta del Nunzio apostolico Mons. Borgongini non tardò ad arrivare, anche se le notizie non erano per nulla incoraggianti: “ Mi sono subito interessato del caso pietoso ma, purtroppo, mi è stato risposto verbalmente che il R. Governo non permette per disposizione generale l’ingresso nel regno alle persone che non sono di razza ariana”.
Gli auguri che giungeranno per le festività natalizie da parte del signor Rodolfo Gruner con i ringraziamenti per l’intervento a favore del figlio a Mons. Palatucci, ci fanno supporre che il ragazzo abbia ricevuto l’aiuto che il padre auspicava per suo figlio.
Tra gli internati giunti nei campi d’internamento di Campagna, vi fu anche il Rabbino di Fiume il Signor David Wachsberger. Anch’egli si rivolse al Vescovo Palatucci per chiedere la grazia di essere rimandato libero nella sua città. Il Vescovo si rivolgerà al Comm. Pennetta raccomandandolo vivamente, poiché:
”… è di una educazione veramente rarissima e di rara modestia, vivendo egli unicamente nel mondo degli studi ebraici e nel mondo mistico, come rari se ne trovano di ebrei tali. Stanti però quelle condizioni di salute, egli qui assolutamente non può durarla. Ed ecco perché Vi prego di concedergli la grazia di rimandarlo libero, e poiché non sarà possibile farlo tornare a Fiume, Vi prego di mandarlo libero a Firenze, ove potrà trovarsi meno male per l’aria e anche per l’ambiente”.
Il Rabbino ottenne il trasferimento in un paese della Provincia di Salerno e si rivolse al Ministero affinchè fosse inviato a Firenze dove dei suoi correligionari l’avrebbero assistito.
Il Rabbino si rivolse di nuovo al Vescovo Palatucci che informato del trasferimento, scrisse di nuovo al Comm. Pennetta sollecitando il trasferimento del Rabbino Wachsberger a Firenze, perché:
” … egli vive nel suo mondo mistico degli studi ebraici come raramente se ne trovano di tali ebrei, del tutto alieno dalla politica e da qualsiasi attività che possa far sognare a pericolo, tanto che egli sa solamente la lingua tedesca e non si occupa neppure del cibo, che gli vien preparato dai suoi correligionari, per cui si troverebbe molto a disagio in un paese della Provincia di Salerno, solo e senza conoscere l’italiano …”.
Il Rabbino otterrà un primo trasferimento a Teramo e non potendo congedarsi personalmente da Mons. Palatucci a causa della precipitosa partenza, gli invierà una lettera in cui ringrazia e si scusa per non aver avuto il tempo di salutarlo:
” Di tanto mi dolgo sinceramente poiché ogni occasione mi sarebbe sempre graditissima per manifestarvi i sentimenti di profondo rispetto per la Vostra persona illuminata e di illimitata gratitudine per tutto il bene che avete prodigato ai miei compagni infelici ed a me, con cuore paterno e fraterno”.
Il Vescovo Palatucci ringrazierà anch’egli il Rabbino:
”… Non Voi dovete ringraziare me, ma io debbo ringraziare Voi e i vostri compagni, poiché mi avete dato l’occasione di fare un po’ di bene, così come ho potuto, e mi dispiace solo che ho potuto e posso far troppo poco, essendo povera questa mia Diocesi. Quel poco che faccio, però, lo fo con piacere e con tutto il cuore, da fratello, senza guardare a differenza di razza o di religione, secondo gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo e secondo gli esempi di tanti santi, specialmente del mio serafico Padre San Francesco, con lo spirito della vera fratellanza universale, che a tutti mostra un solo Dio, un solo Padre e una sola Patria per tutti in Cielo. Oh, se gli uomini lo capissero e le vivessero queste verità, la terra si cambierebbe in Cielo! In quanto a Voi, effettivamente ho avuto sempre grande stima e mi sono occupato volentieri per il Vostro trasferimento a Firenze, e mi dispiace che finora non Ve l’abbiano concesso, ma ho buone speranze che Ve lo concederanno … ".
Mons. Palatucci aveva omaggiato gli internati donando a tutti loro, ulteriori aiuti economici ed essi grati lo ringraziano:
“Eccellenza, è il nostro compito profondamente sentito esprimere a V. E. la gratitudine indelebile di tutti coloro fra noi, che hanno avuto la fortuna di essere ricordato dalla pietà di V. E. e della Chiesa Cattolica che trova in Voi una così luminosa espressione.
Oltre alla gratitudine perenne di quelli ricordati con mezzi materiali, desideriamo esprimerVi i sensi di profonda commozione di noi tutti che concepiamo la Vostra presenza spirituale in mezzo a noi come il tratto d’unione con un mondo, in cui ideali d’umanità e di civiltà ci furono e ci saranno sempre i simboli di una vita superiore e illuminata.
Rinnovando i nostri più fervidi ringraziamenti, preghiamo V. E. di accogliere i nostri deferenti ossequi”.
Dopo una visita al Campo d’internamento il Signor Otto Osmund, invia i suoi ringraziamenti:
“ Eccellenza, Monsignor, permetta ad un internato profondamente commosso delle parole consolanti, rinforzanti ed in medesimo tempo generose, umane e graziosissime indirizzate a noi all’occasione della visita in caserma nostra, di presentare un omaggio modesto qui accluso. Abbia la clemenza di accettarlo come ricordo”.
Il Signor Alessandro Gottlieb dopo essere stato trasferito da Campagna a Tortoreto così ringrazia:
” Eccellentissimo Buonissimo Padre! La prima volta in vita mia mi tocca l’onore di scrivere ad un Vescovo e sono confuso, ma quando mi ricordo le Sue buone e care parole, mi pareva vedere sotto la Croce d’oro, un cuore che era più prezioso di qualunque metallo nobile. Vi ringrazio Ecc. mo Padre per le vostre care parole che vi siete degnato a scrivermi, la terrò questa cara lettera per non dimenticare mai, che quando sia così in alto quanto è bello e cristiano essere così semplicemente buono e caro”.
Il Signor Rodolfo Grani in una lettera inviata a Mons. Palatucci, paragona la sua persona a un raggio di sole:
“… la Vostra sacra persona ed infinita bontà è un raggio di sole e di speranza e fede in questo scurissimo incubo, nel quale i miei nervi e salute si consumano” Il Rabbino di Fiume, il Signor Davide Wachsberger dopo aver ottenuto il trasferimento da Campagna, ringrazia e manifesta: ” … sentimenti di profondo rispetto per la Vostra persona illuminata e di illimitata gratitudine per tutto il Bene che avete prodigato ai miei compagni infelici ed a me, con cuore paterno e fraterno.
Iddio, padre degli uomini, che tutto sa e tutto può, Vi manderà le Sue benedizioni inestimabili per ricompensare l’immenso conforto che avete recato a me in particolar modo, onorandomi della Vostra amicizia e della Vostra buona parola”.
Finita la guerra e liberi tra i loro cari, gli ex-internati non si dimenticarono del Vescovo Palatucci che in più occasioni li aveva visitati e confortati e a tutti coloro che avevano bussato alla porta del suo cuore, avevano trovato rifugio, accoglienza e disponibilità piena e fraterna per tutti: “Noi i pochi ex-internati di Campagna che siamo da un anno mezzo in America, inviamo a Vostra Eccellenza i nostri devoti omaggi ed auguri per la festa di Natale. Ricordiamo sempre con riverenza il diletto Padre degli internati, ricordiamo Vostra Eccellenza come nei tempi durissimi è venuto da noi il primo per consolarci e sollevare i nostri cuori dolenti e disperati.
Col progresso di tempo ci diventa ancora più chiara l’immagine di Vostra Eccellenza in cui veneriamo, non si sa, se più il prete cattolico ossia l’Italiano e diciamo dunque: L’Italiano-Prete colla gentilezza e la mano largitore del suo popolo e con Francescano amore di genere umano.
Voglia il Dio che Vostra Eccellenza vegga bentosto, nel prossimo anno, il risorgimento di una Italia Nuova, fioriscente e beata, come la merita un popolo caratterizzato nel seguente Epigramma Viatoris in Santam Terram. Delectent terrae populorum varietate, Attamen Italiae vera humanitas est. Idem symbolice En humanitas “U” habet id phometice longum, Natura longa est sola sata in Italis”.
Ognuna delle lettere riportate ci racconta non solo il dolore, le ansie, le paure, i desideri che gli ebrei internati avvertivano per loro stessi e per i loro cari. Esse sono anche la testimonianza di un rapporto di vera amicizia e non di una semplice forma di riconoscenza.
La presentazione della figura autorevole di Mons . Giuseppe Maria Palatucci ci aiuta a comprendere, anche il valore del rispetto per l’altro e come l’aiuto caritatevole, disinteressato e fraterno di alcune persone ha fatto si che, nei momenti di difficoltà o avversità della vita, il male non prevalesse sul bene.
La memoria dei giusti ci impone di guardare con occhi diversi il passato e il mondo presente, ma ci consegna anche un compito per il futuro: le persone, indipendentemente dai regimi in cui vivono, possono trovare dentro di loro la forza per opporsi alle persecuzioni e conservare la capacità di scelta.